di Michele Campostella
Nell’apprestarci a riferire dell’audizione presso la “Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della Mafia e sulle associazioni criminali similari” di Agostino Cordova, all’epoca dei fatti Procuratore della Repubblica di Palmi, il motto pirandelliano sorge spontaneo: “così è (se vi pare)!”. Potrebbe essere questa, infatti, la “sentenza” più adatta ad una vicenda, l’inchiesta sui legami tra Massoneria deviata e malavita organizzata, che vide protagonista il magistrato a partire dall’ottobre del ’92 fino al trasferimento delle numerosissime risultanze e “faldoni” a Roma, presso la procura capitolina, soprannominata – con un certo umorismo – dai giornalisti giudiziari del tempo: “il porto delle nebbie”.
A distanza di trent’anni riteniamo utile soffermarsi, con spirito critico, sulle dichiarazioni rese da Cordova quel venerdì 9 luglio del 1993, per come sollecitate dall’allora Presidente Luciano Violante giustamente preoccupato dell’organizzazione degli uffici di Palmi.
Siamo convinti che la rilettura delle parole dell’ex Procuratore, rilasciate in quella particolare occasione, getti una luce differente sulla conclusione dell’inchiesta, avvenuta il 3 luglio del 2000 con la definitiva archiviazione.
Se è vero, infatti, che il Giudice per le indagini preliminari di Roma Augusta Iannini scriverà testualmente che la trasmissione degli atti del procedimento nella Capitale avvenne su iniziativa dell’ufficio del Pubblico Ministero di Palmi, senza che vi fosse stata alcuna rivendicazione di competenza, o richiesta di trasmissione, da parte dell’ufficio del Pubblico Ministero di Roma, le ragioni di tale scelta raccontano di una situazione divenuta, progressivamente, non più gestibile a Palmi, e ciò per una conclamata penuria di risorse investigative protrattasi nel tempo. Risorse che, del resto, non furono di certo “sprecate” neppure a Roma, se la stessa Iannini concluderà così, a margine del decreto di archiviazione: «Lo studio del materiale, una volta messo a disposizione di questo ufficio, è stato reso particolarmente difficoltoso dall’assenza di indici ragionati e dalla collocazione del materiale cartaceo, custodito in uno scantinato dei locali di piazza Adriana, privo di luce, di una scrivania e di qualsiasi attrezzatura che consentisse una consultazione dignitosa degli atti».
Ma veniamo a quanto riferito da Cordova in seno alla Commissione d’inchiesta bicamerale:
«La procura presso la pretura era stata istituita nel maggio 1991 proprio perché si era riconosciuto che con l’organico disponibile ed a fronte di una consistente mole di procedimenti non era possibile continuare a lavorare con una procura unica. In realtà, la procura non è mai entrata in funzione e la sua istituzione è stata continuamente prorogata di tre mesi in tre mesi perché si dovevano effettuare alcuni lavori ed altre cose del genere. Alla fine, tutto era pronto perché la procura presso la pretura entrasse in funzione ai primi di gennaio del 1993: si era provveduto al trasferimento del personale di segreteria e da tempo erano stati nominati il procuratore (la collega Bambace) e due sostituti.
Senonché, a gennaio l’entrata in funzione della procura fu nuovamente prorogata a tempo indeterminato e successivamente il decreto istitutivo è stato revocato. Di fatto, questo ufficio è stato soppresso. La procura si trova quindi ad operare con questa sorta di palla al piede.
Considerato il gran numero dei procedimenti di competenza della pretura, al fine di evitare che aumentasse l’arretrato e che determinati reati potessero prescriversi (circostanza, questa, che potrebbe rappresentare fonte di rilievi nei nostri confronti), ho preferito destinare i tre uditori alla pretura, anche se ad un certo punto non è stato possibile mantenere a causa della situazione che si è venuta poi a determinare.
Se non sbaglio, ho inviato a questa Commissione un elenco dei principali procedimenti giunti alla fase dibattimentale, limitandomi a quelli concernenti reati di criminalità organizzata. Se non ricordo male, avevo indicato il procedimento Pesce più 126, detto “mafia-politica”, che all’origine riguardava un traffico di stupefacenti; successivamente, nel corso delle intercettazioni disposte (circa 10 mila) furono intercettate telefonate di politici effettuate durante la campagna elettorale e furono disposte perquisizioni elettorali… Comunque, questo processo, che coinvolge 127 imputati, è giunto alla fase del dibattimento e la prima udienza si è tenuta nell’aprile 1993.
Il processo Bruzzise più 35 riguarda la faida tra le famiglie Gallico-Condello di Palmi: a queste due cosche contrapposte sono stati attribuiti, in un arco temporale di quasi 10 anni, circa 50 omicidi e 35 tentati omicidi. Un altro processo con un elevato numero di imputati è quello contro Pesce più 94 (cosiddetto processo della mafia delle tre province) che, dopo le condanne inflitte in primo grado ed in appello, fu annullato in Cassazione e, quindi, ritornò in primo grado, dove tuttora si trova. Il processo Viola più 21 riguarda la cosiddetta faida di Taurianova (l’episodio della testa mozzata ed altre vicende).
Tali fatti si inquadrano nell’ambito della contrapposizione tra due famiglie della zona e per questo dibattimento la prima udienza si è tenuta nel giugno 1993. Vi sono altri processi con un rilevante numero di imputati: Albanese più 60, per reati di natura amministrativa, con particolare riferimento alla gestione dell’USL di Gioia Tauro; il processo Macrì più 46, sempre per reati amministrativi; Zampogna più 103, anch’esso riferito alla gestione dell’USL di Gioia Tauro; Alvaro più 77, per associazione mafiosa; Bonfiglio più 163, con riferimento ai lavori della diga sul Metramo.
Questi sono i principali processi con elevato numero di imputati che si trovano in fase dibattimentale. Non riesco a capire come si possano gestire tali processi disponendo di cinque sostituti, dei quali tre uditori giudiziari ed uno in procinto di andar via. L’inconveniente maggiore è rappresentato dal fatto che, essendo andati via i colleghi che avevano gestito tali procedimenti nella fase delle indagini preliminari, coloro che sono subentrati o che subentreranno saranno costretti ovviamente a studiare ex novo tutti gli atti, il che comporterà la rilettura e lo studio di una mole consistente di documenti; si pensi che alcuni di questi procedimenti constano di 100, 150 o 200 cartelle (comunemente definite faldoni)!
Ritengo che esercitare la nostra funzione a Palmi sia alquanto pericoloso, non sotto il profilo della sicurezza, ma perché è pericoloso instaurare procedimenti, portarli a dibattimento e poi non poterli adeguatamente seguire a causa della situazione in cui ci troviamo ad operare. Ho citato – ripeto – soltanto i principali procedimenti, senza riferirmi a tutti gli altri per i quali è stato richiesto il rinvio a giudizio davanti al giudice per le udienze preliminari. Di questi, ne ho appuntato solo uno: il processo Borruto più 732, che riguarda un traffico di autovetture della FIAT-Sava. Non parlerò nemmeno dei processi in fase di indagine preliminare; mi limito soltanto a riferirmi a due casi di associazione che vedono, rispettivamente, 60 e 70 persone inquisite. Né mi soffermerò su un altro procedimento che riguarda tutte le farmacie del territorio o sul processo Arena più 15 riguardante le vicende legate al tratto autostradale ricompreso nel territorio di Palmi e nelle quali sono coinvolti personaggi dell’ANAS.
In questo contesto si è inserito il procedimento sulle attività massoniche deviate, per gestire il quale credo che sarebbero necessarie diverse procure messe assieme. In realtà, adesso il procedimento viene gestito – se così si può dire – da me e da una collega. Il Consiglio superiore della magistratura aveva disposto sei applicazioni in funzione di questo procedimento ma, per la situazione che si era venuta a creare, tre dei sei applicati furono preposti a lavori, per così dire, “ordinari”, per cui del procedimento sulla massoneria deviata si occupavano ad un certo punto solo tre colleghi. L’applicazione è scaduta il 14 giugno ma, a causa di qualche contrattempo (pare che la richiesta di nuove applicazioni si sia smarrita in alcuni uffici), ancora non si è potuto provvedere. Sta di fatto che, dei sei applicati originari, è rimasta solo la collega alla quale ho fatto riferimento.
Il processo sulla massoneria è evidentemente destinato a subire ritardi. Ricordo che le indagini furono iniziate con oltre tre mesi e mezzo di ritardo a causa delle note difficoltà: non si riusciva ad avere locali subito dopo i sequestri, anche se alcuni locali erano stati messi a disposizione sia dai carabinieri sia dalla polizia. Ma l’allora ministro della giustizia si oppose a che venissero concessi. Come dato di fatto, non credo sia stato rilevato, postumamente, che lo stesso Ministro fu coinvolto in vicende riguardanti la massoneria; mi riferisco al “conto Protezione” ed al caso Koltbrunner. Fatto sta che le indagini sono iniziate con tre mesi e mezzo di ritardo. Comunque, non è solo questa la difficoltà. Premetto che io mi occupo solo degli aspetti deviati della massoneria, non della massoneria in quanto tale. Non vorrei che, anche per effetto di alcune notizie di stampa, apparissimo come persecutori della massoneria.
Pertanto, quando parlo della massoneria, mi riferisco sempre agli aspetti deviati di questa istituzione. Ripeto: c’è questa originaria difficoltà dovuta alla irrisorietà del personale.
Ho dimenticato di parlare della situazione della segreteria. L’organico di quest’ultima è assolutamente inadeguato alla mole dei procedimenti che gravano sulla procura. Le unità di personale sono 68, ma su 68 posti ben 20 sono scoperti, per cui c’è oltre un 30 per cento di personale in meno. Non si è tenuto conto del fatto che con le applicazioni è aumentato il numero dei sostituti, mentre quello del personale di segreteria ed ausiliario è rimasto immutato.
Pertanto, il personale di polizia giudiziaria, che avrebbe dovuto essere esclusivamente destinato all’espletamento delle indagini, è stato in parte adibito a compiti di segreteria.
Come dicevo, il procedimento sulle deviazioni della massoneria subisce una serie di contrattempi, innanzitutto per le ragioni che ho prima esposto e, in secondo luogo, perché, come più volte ho accennato, esiste una specie di situazione generale di chiusura.
Intanto, si è constatato che, dal 1982 ad oggi, il fenomeno delle associazioni segrete – e, quindi, anche della massoneria deviata – non è mai stato preso in considerazione, tranne ovviamente le eccezioni ed i casi isolati. Quando, ai fini ricognitivi, abbiamo chiesto copia degli atti esistenti presso i vari uffici, in genere ci hanno mandato una raccolta di carte risalenti al 1981 o che si riferivano alla latitanza di Gelli, cioè all’unica cosa di cui ci si è occupati.
Sta di fatto che questo fenomeno è stato assolutamente ignorato. Il dato più allarmante è che sembra esservi una generale riluttanza ad eseguire le indagini. Abbiamo scritto pressoché a tutti gli organi di polizia giudiziaria – Digos, Comandi provinciali dei carabinieri, Guardia di finanza, eccetera – illustrando l’oggetto delle indagini, vale a dire l’esistenza di logge segrete nel senso voluto dalla legge del 1982 e, soprattutto, l’interferenza in attività di organi ed enti pubblici, anche in questo caso nel senso indicato dalla norma. E’ raro però che tali indagini vengano eseguite nel modo richiesto. A parte il fatto che numerosi organi di polizia rispondono dicendo di sconoscere nel loro territorio l’esistenza di logge massoniche, talvolta anche in centri dove tali logge pullulano, normalmente le indagini consistono nella spedizione di elenchi anagrafici di coloro che risultano iscritti alle varie logge. Quasi sempre gli elenchi li mandiamo noi, ma ad essi non segue nessuno sviluppo degli elementi acquisiti e ci si limita a riferire le generalità, notizie sull’attività svolta, qualche volta la denunzia dei redditi dell’ultimo anno e se quelle persone abbiano avuto – come dicono loro – “pregiudizi penali”, con ciò intendendo giudiziari.
Questa è un’attività che potremmo benissimo svolgere noi collegandoci all’anagrafe comunale e tributaria e tramite il CED del Ministero dell’interno. L’attività investigativa, comunque, consiste solo ed esclusivamente in questo. Non voglio fare interpretazioni: questo è un dato di fatto. Se dovranno poi essere tratte delle conclusioni, lo si farà in un secondo tempo.
Resta il fatto – lo ripeto – che il fenomeno della massoneria deviata sembra essere totalmente sconosciuto agli inquirenti, tranne le debite eccezioni. Perché ciò accada non lo so.
Naturalmente, non pretendevo che si facessero indagini su ciascun personaggio, ma i campi d’interesse della massoneria deviata sono noti. Basta dare una scorsa agli elenchi degli iscritti – ovviamente di quelli noti – per chiedersi come mai talune, o solo talune categorie siano rappresentate. Io non lo so. Tanto per fare un esempio: primari ospedalieri, docenti universitari, società di un determinato tipo, e così via dicendo. Gli interessi, da quello che si è visto, sono esclusivamente – sempre per questo settore della massoneria – di natura finanziaria o imprenditoriale. Ad esempio, è notevole il numero di appartenenti alla massoneria che sono assessori all’urbanistica. Il campo dell’informatica forma oggetto di interessi altrettanto notevoli.
Pertanto, mi pare un po’ anomalo che mi si risponda che non vi sono elementi da cui si desumano collegamenti fra personaggi massonici ed interferenze nell’attività di organi pubblici quando risulta agli stessi organici di polizia giudiziaria l’esistenza di procedimenti penali per reati contro la pubblica amministrazione commessi da appartenenti alle varie logge.
Le indagini, però, sono costellate di casi del genere, per cui non è facile portare avanti un procedimento che riguarda tutto il territorio nazionale.
E’ ovvio che io non posso compiere indagini specifiche su tutto il territorio nazionale, ma posso ricostruire un quadro generale attraverso le indagini fatte da altri; indagini che, per la verità, salve le debite eccezioni, fioriscono solo da qualche mese a questa parte. Ci sono state, e sono anche note, alcune iniziative in varie parti d’Italia ed ultimamente vi è stato anche un intervento della Procura nazionale antimafia con cui si è chiesto l’invio di dati e notizie in materia, ai fini del coordinamento; immagino del coordinamento delle procure distrettuali. Noi siamo una procura provinciale.
E’ certo, comunque, che da quel che finora si è visto – sempre con riferimento alla parte deviata – la massoneria appare come il tessuto connettivo per la gestione del potere. E’ un fenomeno che è sempre stato ignorato o sottovalutato.
Naturalmente, sto parlando della situazione sul territorio nazionale non dimenticando, però, che la massoneria è un’organizzazione mondiale e che coloro che vi appartengono o che sono, come si dice oggi, ad essa contigui, certamente non risulteranno dagli elenchi che abbiamo acquisito, specie dopo la vicenda della P2.
Nessuno è così ingenuo – parlo dei personaggi di un certo rilievo – da figurare negli elenchi ufficiali. Ho motivo di ritenere che esistano ancora massoni coperti, così come ho motivo di ritenere che i personaggi eccellenti non siano iscritti in Italia ma in logge estere, a prescindere dalla questione della copertura di tali logge sotto la specie di associazioni o di enti vari.
L’aspetto che è sempre stato ignorato è quello dell’alta finanza. Non penso, comunque, che, con i mezzi che allo stato possediamo, possa formare oggetto d’indagine. Infatti, se non si riesce ad accertare un’interferenza in sede locale nell’attività della pubblica amministrazione da parte di persone inquisite per reati contro la pubblica amministrazione, mi sembra difficile accertare quali siano gli interessi della massoneria nel campo dell’alta finanza mondiale, che credo sia comunque l’aspetto più rilevante.
Del resto, e tanto per fare un esempio, non dobbiamo dimenticare che nei fatti milanesi di Tangentopoli vi sono, se non erro, 39 inquisiti che appartengono alla massoneria. Tra questi, 7 ex piduisti e 3 appartenenti all’organizzazione Gladio.
Anche a questo proposito, però, devo rilevare una non ottimale collaborazione.
Quando, nel febbraio scorso, furono chieste notizie riguardanti personaggi massonici, mi fu risposto che non emergevano dati del genere. Vi fu poi uno scambio di note e ci inviarono l’elenco degli inquisiti e noi adesso segnaleremo i nominativi degli appartenenti alla massoneria. Uno dei tanti aspetti singolari di queste indagini, ad esempio, è che personaggi appartenenti alla massoneria compaiono spesso nelle varie vicende attinenti al traffico dei rifiuti anche tossico-nocivi ma, in generale, solidi urbani, com’è avvenuto nel caso di Napoli.
Vengono poi attribuiti a determinati personaggi massonici collegamenti con la camorra. Abbiamo constatato, partendo dai fatti del circolo Scontrino di Trapani e della loggia Armando Diaz di Palermo, collegamenti fra personaggi appartenenti alla massoneria e la mafia. Del resto, i pentiti credo abbiano fatto affermazioni al riguardo davanti a questa Commissione.
Allo stato e sotto questo aspetto, le indagini sono per così dire nella fase ricognitiva. Vi sono elementi che consentono di affermare che determinati personaggi appartenenti alla massoneria erano o sono molto legati ad organizzazioni mafiose, o se volete alla ‘ndrangheta, diciamo alla mafia calabrese, anche se spesso l’anello di congiunzione è costituito dall’inserimento nella massoneria di personaggi influenti che, a loro volta, sono in rapporti con personaggi mafiosi.
E’ difficile l’inserimento diretto del mafioso nelle organizzazioni massoniche, mentre è possibile quello mediato tramite personaggi che facciano da anello di congiunzione.
Proprio in questo periodo stiamo facendo accertamenti al riguardo. Non so se posso fare dei nomi. Si è riscontrata l’esistenza di persone appartenenti alla massoneria e comunque la cui appartenenza, prescindendo dalla iscrizione, era già nota, cui vengono attribuiti dei reati di tipo mafioso-associativo (associazione per delinquere contestata a personaggi appartenenti alla massoneria). Sono casi sui quali altri organi giudiziari stanno svolgendo delle indagini.
Ho saputo di questa convocazione solo due giorni fa e non ho a disposizione tutto il materiale, data la brevità del tempo intercorso; tuttavia, se alla Commissione interessano determinati aspetti o determinati casi, magari omettendo il nome per correttezza nei confronti degli altri organi, posso benissimo comunicare quanto richiesto.
Un procedimento del genere tendente ad accertare l’essenza della massoneria deviata in tutto il territorio nazionale non può essere gestito da me e da un sostituto, né tanto meno da me e da cinque-sei sostituti. Si tratta di un lavoro che equivale a quello di più procure messe assieme che si occupino esclusivamente della massoneria.
Tra ostacoli vari – ne ho menzionati solo alcuni – siamo arrivati in questa fase; se non si adottano provvedimenti in grado di consentirci di andare avanti, dubito che gli sviluppi possano essere soddisfacenti, anche se questa situazione credo rappresenti un indice della potenza della massoneria deviata.
Tra gli altri aspetti da accertare, vi è il numero dei personaggi, già appartenenti alla P2, che occupano attualmente, sempre con quelle modalità, posizioni di potere. Non credo che finora sia stato fatto alcunché, perché non mi risulta siano state svolte indagini su soggetti notori ed eminenti: non cito nomi per evitare polemiche, ma si tratta di noti personaggi già appartenenti alla P2.
Mi pare si sia parlato anche di infiltrazioni: non ricordo però se ci si sia riferiti agli organi che dovrebbero eseguire le indagini oppure in generale.
Nonostante la loggia P2 sia stata sciolta, esistono dubbi circa la sua attuale inattività; anzi, vi sono concreti elementi per ritenere che determinati personaggi siano ben attivi, anche se ufficialmente “in sonno”».
Molti mesi prima…
Il 7 giugno del 1992, data di una riunione di Giunta a “Villa il Vascello”, l’allora Gran Tesoriere Pietro Mascagni indirizzò una lunga Lettera all’allora Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Giuliano Di Bernardo, tramite la quale intendeva richiedere maggiori informazioni circa le ricevute «particolari rivelazioni, ignorate fino ad allora da alcuni membri dell’esecutivo»…
Dice Mascagni, commentando con l’amico Gian Piero Pagella: «Nuova P2, partito degli affari, scalata al Grande Oriente da parte della malavita internazionale, lettere anonime! D’accordo, tra sedicimila mele è inevitabile che ce ne sia qualcuna guasta, ma di qui ad asserire l’esistenza al nostro interno di tendenze malavitose organizzate… Con ciò non dubito della buona fede del Gran Maestro nel fare quelle denunce. Tuttavia ho visitato Logge in tutta Italia ed ho tratto, in generale, la consapevolezza di una stragrande maggioranza di fratelli miti e modesti, ben poco interessati all’andamento amministrativo o gestionale dell’Istituzione ma dediti al lavoro esoterico» (“Un massone racconta”, pag. 127).
Anche stavolta lasciamo le conclusioni alla libera sensibilità dei lettori.