di Michele Campostella
L’Urobòro – il serpente/drago che si morde la coda – è un simbolo esoterico, ma per la Massoneria italiana esprime anche una realtà: il ritorno a distanza di trent’anni esatti di quelle dinamiche inconfessate e mai risolte che legano il 1993, annus orribilis per gli iniziati nostrani, al 2023, snodo cruciale nel quale i “grembiuli” tricolori sanno che si stanno giocando tutto.
Ma se nel lontano ’93 Il World Wide Web – il sistema che permette di usufruire della gran parte dei contenuti disponibili su Internet – aveva compiuto appena quattro anni di vita dalla sua gestazione presso il CERN di Ginevra, e solo due anni prima era stata realizzata la prima telefonata Gsm su rete commerciale, oggigiorno le piattaforme di comunicazione si sono evolute e digitalizzate, permettendo anche ai sussurri che un tempo venivano trasmessi da bocca a orecchio nei Templi di amplificarsi nella conoscenza – e nelle coscienze – dei “fratelli” delle numerose comunità massoniche nazionali.
Specchio di questi nuovi tempi è divenuto un Canale Telegram ben preciso, che si richiama, nel suo nome, al “Cavaliere Nero”, mitico eroe/vendicatore della saga bretone di Re Artù.
Da circa un anno il nuovo Cavaliere Nero, munito di Squadra e Compasso, ha iniziato a divulgare e denunciare pubblicamente fatti e misfatti riferiti al Grande Oriente d’Italia e alla Gran Loggia Regolare d’Italia, il tutto senza censure. Cosicché oggi una larghissima platea di “fratelli” e “sorelle” può informarsi, commentare e partecipare alla vita delle proprie “Comunioni” come mai era stato possibile nel passato.
Questo ha fatto assurgere il Canale, a pochi mesi da importanti ricorrenze elettorali (il rinnovo della Gran Maestranza nel G.O.I.), a potentissimo mezzo di pressione per chiunque ambisca a governare il sempre più folto popolo (o forse la massa, visto il continuo abbassamento qualitativo) dei massoni italiani.
Non solo: ciò che differenzia il “Cavaliere Nero” dalle altre piattaforme divulgative è la sua mission: con quasi 1.500 iscritti si propone di non fare sconti a nessuno. Di seguito un esempio.
Dalle risultanze documentali prodotte sul Cavaliere Nero, infatti, risulta che il G.O.I. calabrese si sarebbe ripetutamente avvalso, per l’organizzazione delle sue conventions, dell’Hotel 501 di Vibo Valentia, una struttura ricettiva molto chiacchierata e al centro di un troncone d’indagine nell’Operazione antimafia Rinascita-Scott condotta dalla Dda di Catanzaro.
Secondo quest’ultima nel 2006, in concorso fra loro e con il defunto boss Carmelo Lo Bianco, detto “Piccinni” (morto in carcere nel 2014), Franco Barba, Enzo Barba (della ‘ndrina dei Barba di Vibo) e Paolino Lo Bianco (della cosca alleata dei Lo Bianco), operando congiuntamente con il boss defunto avrebbero attribuito, in modo fittizio, a Peppino Mancini (già controllore del pacchetto di maggioranza azionaria e con incarichi direttivi nella struttura) la titolarità di una parte del pacchetto azionario dell’Hotel incriminato, già di proprietà della “501 Hotel Spa” (poi fallita), immettendo nelle casse della famiglia Mancini la somma di 1.200.000 euro, parte dei quali (almeno 300.000 euro) facenti parte della cosiddetta “bacinella”, ossia della cassa comune delle due cosche associate e di altre consorterie ‘ndranghetiste affiliate minori.
Peppino Mancini, sempre secondo la Dda di Catanzaro, dopo aver ricevuto materialmente dai Lo Bianco-Barba la somma di denaro, ne avrebbe acquisito anche formalmente la proprietà, aggirando così la legge in materia di prevenzione patrimoniale.
Tale somma sarebbe poi stata investita sull’Hotel 501, e Mancini avrebbe di fatto accettato di fare da prestanome in relazione alla parte del pacchetto azionario riferibile alle cosche malavitose. Trasferimento fraudolento di valori, quindi, con l’aggravante delle finalità mafiose, ma non solo: Saverio Razionale e Mario Lo Riggio (quale espressione imprenditoriale – sempre secondo l’accusa – delle cosche Fiarè-Gasparro-Razionale e Lo Bianco-Barba) e Paolo Basile insieme a Nazzareno Latassa, quali esperti professionisti legati allo stesso Lo Riggio, avrebbero di fatto gestito, quali soci occulti, la “Italiantrade” che, nel frattempo, aveva preso in gestione – dalla curatela fallimentare del Tribunale di Vibo Valentia – l’Hotel 501, con l’intento di acquistarlo, mandando al ribasso le aste indette dallo stesso Tribunale fallimentare e consentire così, tra l’altro, alle ‘ndrine alleate Lo Bianco e Barba di rientrare dell’investimento fatto; soprattutto quanto ai già riferiti 300.000 euro di sicura provenienza delittuosa.
Il Cavaliere Nero, attraverso un suo informatore sul territorio calabrese, ha potuto documentare come il Collegio Circoscrizionale dei Maestri Venerabili della Calabria si sia ripetutamente servito, per i suoi incontri e seminari di studio, della struttura infiltrata, mettendo così potenzialmente a rischio la sicurezza e la privacy dei partecipanti, che avrebbero potuto essere filmati e schedati dalla malavita per poi essere ricattati.
Le date sono quelle del 23 marzo 2013, presenti il Gran Maestro Aggiunto Antonio Perfetti e il presidente del Collegio della Calabria, oggi candidato alla Gran Maestranza, Antonio Seminario. Per proseguire nel 2014, con la ricorrenza del 220° anno dalla fondazione della Loggia “Michele Morelli” di Vibo Valentia, e poi nel 2015, quando il 14 febbraio addirittura 700 fratelli calabresi salutarono gli interventi del Gran Maestro Onorario Ugo Bellantoni e del Grande Oratore Claudio Bonvecchio, fino al settembre 2018, quando la Ku Investiment ha potuto finalmente rilevare l’importante struttura alberghiera.
Sta di fatto che, anche dopo tale data, il G.O.I. calabro ha continuato ad avvalersi dell’Hotel 501 per alcune importanti kermesse: così nel febbraio 2019, in occasione di un grande raduno regionale, e poi ancora nel 2021, per la presentazione di un libro-intervista di Ettore Loizzo, ex Gran Maestro Aggiunto del G.O.I. al centro delle vicende del 1993.
Molti “fratelli” si sono domandati se non sarebbe stato più opportuno, per la Massoneria calabrese, dare un piccolo segnale di discontinuità, magari organizzando un proprio evento in un’altra struttura alberghiera. Per poi ritornare all’Hotel 501 di Vibo Valentia, che dal settembre 2018 vive di una legale e trasparente gestione.
Grazie al “Cavaliere Nero” una questione regionale, che però in tanti non hanno mai ritenuto marginale, è stata ha portata all’attenzione del più vasto pubblico nazionale.
*In copertina Ugo Bellantoni, Stefano Bisi e Claudio Bonvecchio presso l’Hotel 501 di Vibo Valentia