IL LAMENTO DI UN MASSONE
di Giuliano Di Bernardo
Quale senso ha avuto la Massoneria per la mia vita? Se potessi tornare indietro nel tempo, rifarei le stesse scelte? Queste domande ricorrono nella mia mente. Che cosa le ha provocate? Il crollo di un mito: la Gran Loggia Unita d’Inghilterra. La mia vita in Massoneria, almeno da quando ho iniziato a scrivere Filosofia della Massoneria, è stata ispirata da questa Gran Loggia, madre di tutte le Massonerie regolari del mondo, espressione della vera e pura Massoneria. Perché io ne sto cantando il de profundis? Per comprenderlo, è necessario ripercorrere a volo d’uccello le tappe fondamentali delle mie esperienze di vita massonica, in un arco di tempo che va dalla fine della Seconda guerra mondiale ai nostri giorni.
La scintilla della Massoneria si accende nel mio intelletto quando ero adolescente e, tramite la filosofia, andavo alla ricerca delle verità della vita. Come l’asino di Buridano, avevo davanti a me un insieme di possibilità ma, a differenza di questo indeciso equino, io aspettavo con trepidazione quel “quid” che mi avrebbe rivelato il percorso da intraprendere. Quel “qualcosa” avvenne e ne fu messaggero Arnaldo Nannetti, un massone toscano che soggiornava a Penne, la cittadina di antiche origini alle pendici del Gran Sasso in cui ero nato e vivevo. Era il tempo in cui ricercavo nella filosofia le risposte ai grandi quesiti sul mondo, sulla vita e sull’uomo. La filosofia mi affascinava, ma mi lasciava insoddisfatto per la sua astrattezza rispetto alla condotta pratica dell’uomo. Arnaldo Nannetti è stato provvidenziale poiché mi ha trasmesso, con entusiasmo e profondo convincimento, i principi e la ritualità della Massoneria. Così la Massoneria mi apparve come l’anello di congiunzione tra l’astrattezza della speculazione filosofica e la realtà storica e contingente della vita. Quel “quid” che avrebbe dato un senso alla mia vita era finalmente arrivato e si aggiungeva al mio interesse per la filosofia. Il mio futuro era già stato delineato. Non avrei dovuto fare altro che percorrerlo.
Il primo passo lo feci quando Nannetti parlò di me al Gran Segretario del Grande Oriente d’Italia e gli chiese di ricevermi. Era il 1957. Andai a Roma e mi recai nella sede di Via Giustiniani 5, alle 10 del mattino di una giornata autunnale. Ero consapevole che quell’incontro sarebbe stato il primo anello di una catena di eventi che avrebbero plasmato la mia vita. Così è stato.
Il Gran Segretario, sapendo che mi sarei trasferito a Bologna, mi consegnò una lettera che avrei dovuto dare a Carlo Manelli, il più fulgido esempio della Massoneria bolognese. Carlo Manelli (1887-1992), iniziato nel 1911, dopo la chiusura delle Logge imposta dal Fascismo, mantenne nella clandestinità i rapporti tra i massoni bolognesi. Con l’avvento della Repubblica e la rinascita della Massoneria in Italia, fu Gran Segretario del Gran Maestro Ugo Lenzi e membro del Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico e Accettato. Fu fondatore di alcune Logge, tra cui la “Zamboni-De Rolandis”, che è stata la Loggia alla quale ho appartenuto fino alle mie dimissioni dal Grande Oriente d’Italia avvenute nel 1993. Quando andai a trovarlo nella sua residenza, in Via Val d’Aposa a Bologna, mi guardò con curiosità e mi apostrofò in dialetto bolognese: «ma tu sei un ragazzino!». Ha continuato a chiamarmi “il mio ragazzino” anche quando sono diventato Gran Maestro.
Dopo avermi soppesato, mi propone di entrare nella sua Loggia “Risorgimento-8 Agosto” e mi fa compilare la domanda di ammissione. Mi informa che sarei stato “tegolato” da alcuni fratelli, i quali avrebbero dovuto verificare se io avessi i requisiti per entrare in Massoneria. La mia “tegolatura” è durata circa un anno, con incontri quindicinali. La notte del 15 maggio del 1961 sono stato iniziato. Finalmente avevo realizzato il sogno della mia vita (per ulteriori approfondimenti, si può leggere La mia vita in Massoneria, Amazon 2021).
Per lungo tempo avevo cercato di immaginare la mia iniziazione. Come si sarebbe svolta? Quali emozioni mi avrebbe procurato? C’è sempre uno scarto tra l’immaginario e la realtà. Qual era lo scarto che ho constatato? Principalmente, riguardava la ritualità. La prima impressione che ne ho ricevuto è stata quella di sentirmi un affiliato alla “carboneria” di Giuseppe Mazzini. Non comprendevo l’uso dei cappucci e alcune frasi del Rituale che esprimevano la cospirazione dei moti risorgimentali. Ne parlai con Manelli. Fui sorpreso nel conoscere la sua opinione a questo riguardo. Secondo lui, la ritualità era stata contraffatta con l’introduzione della Bibbia su cui il massone deve giurare. Al suo tempo il giuramento veniva suggellato dando un colpo di martello sull’incudine. Egli riteneva che la Massoneria non solo non avesse nulla a che fare con la religione ma anzi ne fosse nemica secolare.
Carlo Manelli, citando questo episodio della sua vita massonica, faceva riferimento al Grande Oriente di Francia, di cui il Grande Oriente d’Italia condivideva la concezione della Massoneria sia come società di uomini sia come antropologia filosofica. Quali sono le caratteristiche del Grande Oriente di Francia che sono state condivise dal GOI? Come ho ricordato nella Lezione su “Massoneria e scienza” [ndr: di prossima pubblicazione], l’influenza esercitata dal positivismo sulla decisione del GOF di abolire la formula del “Grande architetto dell’Universo” nel 1877, di fatto una dichiarazione a favore dell’ateismo, ha avuto la conseguenza di portare la Gran Loggia Unita d’Inghilterra al ritiro del proprio riconoscimento. Da quel momento le strade delle due Obbedienze massoniche si sono separate definitivamente. Il Grande Oriente d’Italia si schierò dalla parte del Grande Oriente di Francia, anche se Costantino Nigra, nel breve tempo che ne fu Gran Maestro, fece richiesta del riconoscimento alla Gran Loggia Unita d’Inghilterra. Al tempo della mia iniziazione 62 anni fa, nel GOI si viveva secondo la visione della Massoneria francese. Se si fosse parlato della Massoneria inglese, si sarebbe detto sbrigativamente che essa era una religione.
I rapporti con il Grande Oriente di Francia cominciano a incrinarsi con l’elezione a Gran Maestro di Giordano Gamberini, che si pose, tra i fini da conseguire, il riconoscimento della Gran Loggia Unita d’Inghilterra. Anche il dialogo con la Chiesa cattolica allontanerà il GOI dall’Obbedienza francese, fino al distacco definitivo del 1972, quando, dopo centodieci anni, la Massoneria inglese concede al GOI il suo ambìto riconoscimento. La Gran Maestranza di Giordano Gamberini (1961-1970) attua una rivoluzione copernicana all’interno del Grande Oriente d’Italia, che gli imprimerà una direzione unica e irreversibile. Per quanto riguarda il riconoscimento della UGLE, un ruolo importante viene svolto anche da Licio Gelli, il quale vi contribuisce a modo suo. In quegli anni, infatti, era Gran Segretario della Gran Loggia Unita d’Inghilterra H. Penberton, uomo di grande potere e carisma. Si narra che, in occasione del matrimonio della figlia, Gelli avesse dato, come dono di nozze, una Rolls Royce. Da questo fatto si evince che Gelli svolgeva già un ruolo privilegiato accanto al Gran Maestro Gamberini, il quale lo avrebbe raccomandato al suo successore Lino Salvini. Licio Gelli non nasce con Salvini ma con Gamberini. È con Salvini, però, che ottiene il massimo potere.
La trasmutazione del Grande Oriente d’Italia è stata un’operazione di vertice che la base ha dovuto subire, su questo voglio essere chiaro. Solo una piccola parte l’ha condivisa. Nell’immaginario dei fratelli, la Massoneria era sempre quella del Grande Oriente di Francia, che avevano conosciuto fin dalla loro iniziazione e che restava immutata, anche se le relazioni con l’estero avevano subito un profondo cambiamento. Questa situazione produsse il risultato di far perdere al GOI la propria identità, da cui emersero dibattiti e polemiche che non si sono mai sopiti. Ne è prova una condizione imposta dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra per concedere il proprio riconoscimento: l’attivazione delle cosiddette Logge Emulation nel Grande Oriente d’Italia. Queste Logge si differenziano da tutte le altre perché adottato il rituale Emulation, che è l’unico rituale in uso nella Gran Loggia Unita d’Inghilterra. L’esistenza di Logge Emulation, composte da massoni che frequentano le Logge inglesi, era un modo, da parte della UGLE, per controllare la regolarità del GOI. Per questa ragione questi fratelli erano visti con diffidenza, in quanto potenziali spie della UGLE.
Un anno dopo la mia iniziazione mi iscrivo all’Istituto Superiore di Scienze Sociali di Trento. Nel 1967 sono tra i primi dieci laureati della Facoltà di sociologia e inizio la carriera accademica come Assistente alla cattedra di Filosofia della scienza tenuta dal professor Alberto Pasquinelli. Nel 1974, conseguo la “Libera docenza” in Metodologia delle scienze sociali e mi viene conferito l’insegnamento di Filosofia della scienza.
Dopo il mio trasferimento a Trento nel 1965 ho svolto la mia attività massonica partecipando ai lavori sia della Loggia “Risorgimento-8 Agosto” (dove ero stato iniziato) sia delle Logge di Trento e Bolzano. Ricordo quegli anni come i più belli della mia vita massonica. Nelle Logge non trovavo soltanto uomini di estrema qualità (professionisti, imprenditori, professori) ma anche armonia e reciproco rispetto. Durante la settimana aspettavo con gioia la riunione in cui li avrei ritrovati. Erano frequenti gli incontri con i fratelli delle altre Logge per condividere esperienze diverse di vita. Ero felice di essere in Massoneria.
Dopo il conseguimento della Libera Docenza, nel 1974, Carlo Manelli mi prepose di entrare nella Loggia dei professori universitari dell’Università di Bologna: la “Zamboni-De Rolandis”, che egli aveva fondato per dare prestigio alla Massoneria italiana. Secondo la mentalità dell’epoca, egli credeva che tale scopo sarebbe stato meglio raggiunto conferendo a questa Loggia lo stato di “Loggia coperta” che, nello specifico, significava il privilegio di svolgere i lavori al di fuori della sede ufficiale, per garantirne una certa riservatezza.
Il trasferimento alla “Zamboni-De Rolandis” fu per me non solo l’occasione di partecipare a eventi culturali di primaria importanza, ma anche la possibilità di far conoscere i risultati dei miei studi sulla fondazione epistemologica delle scienze sociali. In tale ambito, intendo segnalare l’“Accademia delle scienze di San Marino” e il “Nono centenario” dell’Università di Bologna.
Le rivolte studentesche del ’68 stavano ormai passando e un vento di novità spirava nelle università italiane. L’uscita da un periodo caratterizzato dal terrorismo (che era parso anche giustificare alcune esigenze di “riservatezza”) faceva nascere un senso di euforia e molte iniziative culturali venivano intraprese. Ciò avviene anche nella Loggia “Zamboni-De Rolandis”.
Agli inizi degli anni ’80 il professor Michele La Placa, ordinario di Microbiologia all’Università di Bologna e Maestro Venerabile della nostra Loggia, diventa presidente dell’“Accademia delle scienze di San Marino” e ne promuove il rilancio. A Firenze, il 10 novembre 1984, si tiene il suo primo convegno sul tema: “Conoscenza e ideologie. Il posto dell’uomo nella Natura”. La mia relazione ha avuto per oggetto: “Funzione costitutiva e prescrittiva nella costruzione della realtà sociale”. La Loggia “Zamboni-De Rolandis era diventata il centro autorevole di molte iniziative culturali.
Nel 1985 si verificano due eventi che riguardano me e Fabio Roversi Monaco. Fabio Ferrari, eletto Rettore dell’Università di Trento, mi chiede di ricoprire la carica di Pro-Rettore. Accetto e Ferrari invia la sua proposta per la mia nomina al Ministero della Pubblica Istruzione, per la necessaria autorizzazione. Durante l’attesa, Roversi chiede una convocazione urgente della nostra Loggia. Quando ci incontriamo, ci informa di aver appreso, da fonti sicure, che la sua appartenenza alla “Zamboni-De Rolandis” sarà usata contro di lui nella corsa per la conquista del Rettorato dell’Università di Bologna. Roversi, infatti, era il candidato con maggiori probabilità di successo. Inoltre, sarebbe stata messo in evidenza anche la “copertura” della Loggia. Esaminiamo il problema e lo risolviamo con la decisione di comunicare alla stampa il nostro elenco, proprio per dimostrare che la Loggia non è coperta. Il giorno dopo, tutti i giornali locali e nazionali riportano l’elenco con i nostri nomi. Con questo espediente avevamo vanificato l’attacco, anticipandolo. La nostra decisione ottenne il risultato sperato e Fabio Roversi Monaco fu eletto Magnifico Rettore dell’Università di Bologna.
Il 1988 era l’anno in cui ricorreva il Nono Centenario dell’Università di Bologna (1088-1988). Il Rettore Roversi, che ne sarebbe stato il protagonista, apre ufficialmente le Celebrazioni nell’antica Aula Magna di Palazzo Poggi, sede centrale dell’ateneo bolognese. Per Bologna sarà un anno sotto i riflettori per la presenza di tante personalità della cultura, della scienza, della politica e della spiritualità, laureate ad honorem dall’Alma Mater. I professori della Loggia erano sempre presenti per sostenere le iniziative del Rettore. L’anno del Centenario fu, per la “Zamboni-De Rolandis”, un periodo di splendente fratellanza.
Ma il 1988 fu anche l’anno in cui il Pubblico ministero Libero Mancuso della Procura di Bologna mise sotto inchiesta la “Zamboni-De Rolandis”, accusandola di essere una Loggia “coperta” in violazione della Legge Spadolini-Anselmi sulle società segrete. Lo scalpore fu enorme. Tutti noi, membri della Loggia, ricevemmo l’avviso di garanzia con il mandato di perquisizione e sequestro. Dovemmo preparare la nostra difesa. Il processo penale seguì puntualmente tutte le fasi di rito. Alcuni anni dopo, quando ero Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, l’inchiesta pervenne alla conclusione: fummo tutti assolti perché “il fatto non sussiste”. Si era cercato, ancora una volta, di colpire la Loggia più autorevole del Grande Oriente d’Italia, a cui appartenevano sia il Gran Maestro sia il Magnifico Rettore dell’Università di Bologna.
Ancora oggi molti si chiedono come ciò possa essere accaduto. La ragione va ricercata nell’ambiguità del termine “copertura”. Per intenderlo correttamente è necessario esaminarlo nella dimensione diacronica. Oggi il significato di “Loggia coperta” è quello che si desume dalla Legge Spadolini-Anselmi del 1982. Ma nei decenni precedenti il suo significato era diverso! Per “copertura” s’intendeva un privilegio concesso ad alcuni organi massonici. Non si voleva nascondere qualcosa ma privilegiarlo. La “Zamboni-De Rolandis” era Loggia “coperta” perché aveva ricevuto dal Gran Maestro il privilegio di riunirsi al di fuori della Casa massonica, con la conseguenza che i fratelli delle altre Logge non avrebbero potuto partecipare ai suoi lavori, come previsto dai Regolamenti Generali. La ragione di questa decisione era pratica: poiché i temi trattati dai professori universitari sarebbero stati di livello elevato, non avrebbe avuto senso far partecipare gli altri fratelli, a meno che non l’avessero chiesto esplicitamente. Fatta questa eccezione nei confronti delle altre Logge, tutto era perfettamente identico, dalla pubblicità dell’ammissione, all’iniziazione, al rispetto dei Regolamenti Generali dell’Ordine. Il Pubblico ministero Libero Mancuso ha messo sotto inchiesta la “Zamboni-De Rolandis” per verificare se fosse in violazione della legge Spadolini-Anselmi. La conclusione che “il fatto non sussiste” è la più chiara evidenza che la Loggia non era “coperta” secondo il senso che se ne diede dopo il 1982. A testimoniarlo è proprio il Tribunale di Bologna. Per quel che mi riguarda, quando Manelli mi fece fare domanda per il trasferimento alla “Zamboni-De Rolandis” e mi dettò la lettera, il significato che egli dava al termine “coperto” era proprio quello precedente alla Legge Spadolini-Anselmi.
La mia vita massonica, all’interno della “Zamboni-De Rolandis”, fin dal mio trasferimento nel 1974, si era svolta nella convinzione che la Massoneria fosse il centro d’unione per il perfezionamento etico del massone. In quindici anni, nessuna crepa si era formata nei rapporti umani e nelle relazioni con altri gruppi sociali. Non si parlava di corruzione, di infiltrazione di organizzazioni criminali o di fratelli coinvolti in reati. Il mio grado di soddisfazione era alle stelle. Continuavo a ringraziare Arnaldo Nannetti che, quando ero ancora adolescente, mi fece scoprire la Massoneria e mi diede l’opportunità di farne parte.
Verso la metà degli anni ‘70, accadde un fatto che attirò la mia attenzione. In una riunione di Loggia, un nostro fratello, Renato Pellizzer, che era professore ordinario di Fisica all’Università di Siena, ci informò che avrebbe lasciato la “Zamboni-De Rolandis” perché era stato chiamato a svolgere una missione il cui scopo era quello di migliorare le condizioni politiche, economiche e culturali del nostro paese. Mentre ci parlava, esprimeva orgoglio e felicità. In segreto, ci disse che era stato cooptato per entrare nella Loggia P2. Ne seguì un dibattito da cui appresi, per la prima volta, l’esistenza di Licio Gelli. Ciò che si disse di lui lo fece apparire ai miei occhi come un gigante del Grande Oriente d’Italia e mi fece sentire orgoglioso di essere suo fratello.
Nel 1979 vinsi il concorso e fui chiamato alla cattedra di Filosofia della scienza e logica alla Facoltà di sociologia dell’Università di Trento. In soli dodici anni ero arrivato al vertice del mondo accademico, in una disciplina filosofica tra le più complesse. Per raggiungere tale ambito avevo dovuto affrontare ogni sorta di difficoltà e di privazioni.
Mi sentivo come colui che ha scalato un’alta montagna e si ritrova sulla sua vetta a contemplare il paesaggio circostante, esausto ma felice per l’impresa che ha compiuto.
Le mie ricerche sulla fondazione epistemologica delle scienze sociali erano state riconosciute valide e mi avevano premiato con la cattedra. Era arrivato il tempo di permettere al mio intelletto di occuparsi di altre cose. E la “cosa” più importante fu proprio la Massoneria.
Fino a quel momento la mia vita massonica si era svolta tranquillamente. Nelle riunioni di Loggia si dibattevano temi e problemi di scienza, filosofia, politica e religione per meglio comprendere la società in cui si viveva. Sul modo d’intendere il significato e il ruolo della Massoneria tutti concordavano. Per questo non se ne parlava mai. Se tutti sanno che cos’è la Massoneria – d’altronde – perché parlarne? Fu proprio questa domanda che produsse nella mia mente un’atra domanda: «è proprio vero che i massoni sanno che cos’è la Massoneria?».
Avevo attivato il metodo del dubbio, che cominciai a usare con me stesso. Che cos’è per me la Massoneria? Se la dovessi spiegare ai miei studenti, come la definirei? Così compresi di ignorarne il significato. Questa scoperta fu sorprendente. Dopo aver dichiarato la mia ignoranza, ho interpellato coloro che consideravo maestri ma anche loro mi manifestarono la stessa ignoranza. Similmente a Socrate, ho continuato a chiedere ma la risposta è stata sempre la stessa: la Massoneria è …tante cose diverse, a volte contrastanti. Compresi allora che il mio compito sarebbe stato quello di dare della Massoneria una definizione oggettiva valida per tutti.
Per ottenere questo risultato avrei dovuto indossare i panni del filosofo per ricercare, individuare e sistematizzare il pensiero della Massoneria. Chi è la fonte autorevole che emana i documenti validi per la formazione del pensiero massonico? È proprio qui, nel dare risposta al quesito, che mi sono imbattuto, per la prima volta, nella Massoneria inglese: la Gran Loggia Unita d’Inghilterra. Ne avevo sentito parlare a proposito del riconoscimento da essa dato al GOI nel 1972. Sapevo che aveva un fondamento religioso. Null’altro. Per la ricerca delle fonti documentali iniziai con il Grande Oriente di Francia, ma non trovai nulla che potesse servire allo scopo. Allora trasferii la mia ricerca nella Massoneria inglese e studiai attentamente Le Costituzioni di Anderson: lì mi si aprì un mondo fino ad allora sconosciuto! Dalle Costituzioni passai alla sua nascita moderna del 24 giugno 17171, al suo fondamento cristiano e deistico e a tutto il resto. Le fonti documentali del pensiero massonico erano da ricercare nella Massoneria inglese e consistevano nelle Costituzioni di Anderson, nell’“Atto di Unione” del 1813, nei “Principi fondamentali per il riconoscimento di una Gran Loggia” del 1929 e nella “Dichiarazione su Massoneria e religione” del 1985. Sulla base di questi documenti, ho costruito l’antropologia filosofica della Massoneria, che ho espresso nel volume del 1987 Filosofia della Massoneria, che ha avuto aggiornamenti e traduzioni nelle principali lingue del mondo. Così compresi perché la Gran Loggia Unita d’Inghilterra era considerata Gran Loggia Madre del mondo. In quanto tale, essa rappresenta il riferimento ideale di tutte le Massonerie date nella storia, le quali si differenziano da essa per uno “scarto” più o meno grande. Quando lo scarto supera un certo limite, quella Massoneria non è più Massoneria. Cosa succede però quando la stessa Massoneria inglese non è più il riferimento ideale di tutte le altre Massonerie? Le pagine che seguono daranno una risposta conclusiva.
Le riflessioni fin qui svolte sulla Gran Loggia Unita d’Inghilterra non hanno preso in considerazione il Rituale Emulation da essa adottato. Quando mi accingevo ad analizzarlo, speravo ardentemente che, a differenza di quello del Grande Oriente d’Italia, fosse l’espressione dell’antropologia massonica che la stessa Massoneria inglese aveva reso possibile con l’emanazione dei documenti già citati. Ma mi illudevo. Al termini dell’analisi del Rituale, ho dovuto ammettere che “dalla padella, si era caduti nella brace”. Se prima avevo trovato antiquato il Rituale del Goi, adesso trovavo fuorviante il Rituale della Gran Loggia Unita d’Inghilterra, in quanto il suo contenuto esprimeva la religiosità della Bibbia. In altre parole, era un Rituale religioso. Infatti, molte volte s’invoca l’Altissimo, ci si inginocchia, gli si rivolgono preghiere e si chiede la sua benedizione. Ma la Gran Loggia Unita d’Inghilterra non aveva dichiarato che la Massoneria non è una religione? Se non è una religione, perché il suo Rituale è religioso? Non è questa una contraddizione? Sì, infatti è proprio una contraddizione, che getta ambiguità nel suo modo di essere. In ogni caso, ciò che a me interessava era l’antropologia massonica e non il Rituale.
Il mio volume Filosofia della Massoneria ottenne un successo strepitoso e mi aprì le porte della Gran Maestranza del Grande Oriente d’Italia. Gli eventi che accaddero nei tre anni del mio Magistero li ho narrati nella mia autobiografia massonica La mia vita in Massoneria (Amazon, 2020).
L’occasione per approfondire aspetti della Massoneria inglese mi fu data dalla conoscenza del marchese Lord Northampton, allorquando venne a Roma per rappresentare la UGLE nella Gran Loggia di primavera del 1991. Durante la cena di gala, avendolo al mio fianco, parlammo a lungo e nacque una sincera amicizia. Era rimasto affascinato dalla “guerra” che stavo conducendo contro il Vaticano. Mi invitò a fargli visita nel suo castello di Wynyates nel Northampton, che avvenne nel febbraio del 1991. In tal modo ebbe inizio una collaborazione che avrebbe segnato il destino della Massoneria in Italia. In occasione dei miei frequenti viaggi visitai Freemason’s Hall (la sede della UGLE), e conobbi Michael Higham, il potente Gran Segretario.
In quegli anni avevo costituito a Lucerna, in Svizzera, la Fondazione Dignity,della quale ero il Presidente. Lord Northampton ne ha fatto parte e ha svolto, accanto a me, il ruolo di Vicepresidente. Con altre eminenti personalità che rappresentavano paesi e istituzioni di altissimo livello avevamo costruito un Centro che avrebbe dovuto irradiare la Luce sull’umanità.
Quando il procuratore di Palmi Agostino Cordova iniziò l’inchiesta sulla Massoneria e ci fu la rivolta contro di me, per costringermi alle dimissioni, compresi che il mio progetto per riportare il GOI nell’alveo della tradizione iniziatica era fallito. Ne parlai con Lord Northampton (Spenny per me), con il quale l’intesa fraterna era stata cementata con la Fondazione Dignity, e decidemmo di lottare fino in fondo contro i profanatori della vera e pura Massoneria. Ciò che accadde ormai è storia. Il 16 aprile del 1993 rassegnai le dimissioni dal GOI (anche se dicono che sono stato espulso) e fondai, con l’assidua collaborazione di Lord Northampton, la Gran Loggia Regolare d’Italia, che ottenne subito (in soli otto mesi) il riconoscimento della Gran Loggia Unita d’Inghilterra. Seguirono, in tempi brevi, anche i riconoscimenti delle Gran Logge di Scozia, Irlanda, Israele e della Gran Loggia Nazionale Francese. La Gran Loggia Regolare d’Italia era diventata il “fiore all’occhiello” della Massoneria inglese, mentre il suo Gran Maestro era richiesto e acclamato dalle più importanti Massonerie del mondo.
In tale ambito, in cui tutto era giusto e perfetto, vi era nota stonata: il Rituale Emulation. Poiché avevo fondato la GLRI sul modello della UGLE, di cui avevo recepito le Costituzioni e i Regolamenti, per coerenza avevo dovuto accettare anche il suo Rituale.
La contraddizione da me individuata tra l’antropologia filosofica secondo cui la Massoneria non è una religione e il Rituale Emulation, profondamentereligioso, ora riguardava anche me, e mi metteva in una situazione imbarazzante. Tuttavia, se volevo introdurre in Italia la vera e pura Massoneria inglese, non avrei potuto rifiutarne il Rituale. A livello soggettivo, ancora una volta, mi trovai a lavorare con un rituale che ritenevo inadeguato rispetto all’antropologia filosofica della Massoneria.
Le affinità elettive con Lord Northampton erano perfette. Bastavano poche parole per intenderci sulle cose da fare e sul modo di farle. Tuttavia, in quegli anni, cominciò a formarsi, negli alti ranghi della Gran Loggia Unita d’Inghilterra, un gruppo di “riformatori”, promosso dallo stesso Lord Northampton. Lo scopo era quello di modificare i rapporti fra Gran Maestro e Gran Segretario, a favore del primo. Il modello cui essi si ispiravano era quello delle Gran Logge europee, in cui il Gran Maestro detiene il potere decisionale mentre al Gran Segretario è demandata la responsabilità dell’amministrazione.
Fin dalle origini, nella Massoneria inglese, il Gran Maestro ha avuto un ruolo di rappresentanza, soprattutto quando egli era il re d’Inghilterra. Di conseguenza, a governare la Massoneria è stato sempre il Gran Segretario. Era lui, e solo lui, che decideva sugli affari interni e sui riconoscimenti. È vero che era assistito dal “Consiglio delle Proposte Generali”, ma in definitiva le decisioni le prendeva lui.
I riformatori volevano che il Gran Maestro avesse gli stessi poteri dei Gran Maestri delle Gran Logge europee. Per fare ciò, tuttavia, avrebbero dovuto ridimensionare e indebolire il ruolo del Gran Segretario. A quel tempo era Gran Segretario Michael Higham, un uomo di grande prestigio e carisma, profondo conoscitore delle realtà massoniche di tutto il mondo. Era stato proprio lui a riconoscere le nuove Gran Logge in Italia e in Grecia. Un uomo come lui non avrebbe mai accettato di ridimensionare il proprio ruolo. Era necessario, pertanto, metterlo nelle condizioni di andarsene. La via seguita fu quella di contestargli errori in alcune sue decisioni. Una di queste riguardava proprio il riconoscimento dato alla Gran Loggia Regolare d’Italia. Quello che era un semplice strumento di lotta interna, tuttavia, produsse conseguenze anche all’estero. Il Grande Oriente d’Italia cominciò a sperare di poter riottenere il riconoscimento inglese…
Il clima era cambiato e io ne avvertivo i segni nei mutati atteggiamenti di Lord Northampton. Quel rapporto di profonda e sincera amicizia, che ci aveva uniti nella Fondazione svizzera “Dignity” e nell’ideazione e costituzione della Gran Loggia Regolare d’Italia, cominciava ad avere crepe e zone oscure. Si arrivò così all’autunno del 2001, in cui, nel nostro ultimo incontro a Wynyates, egli mi informò che la Gran Loggia Unita d’Inghilterra stava prendendo in considerazione la possibilità di ridare il riconoscimento al Grande Oriente d’Italia. Mi resi conto, allora, che la mia missione in Massoneria era giunta al termine.
La mia caparbia volontà d’introdurre in Italia la pura Massoneria inglese a dispetto degli italiani, la mia rinuncia ai riconoscimenti europei e americani, il mio rifiuto ad accogliere nella Gran Loggia Regolare d’Italia il Rito Scozzese, la fondazione delle Gran Logge di Ucraina e Moldova sul modello inglese si erano rivelati, alla fine, un fallimento totale. Sentivo l’ostilità della Gran Loggia Unita d’Inghilterra dopo aver sacrificato tutto e tutti sul suo altare. Ancora una volta la mia visione ideale di una società umana basata sulla tolleranza, il rispetto e la dignità, che avevo pensato di attuare dentro la Massoneria, si scontrava con uomini che si rivelavano incapaci di comprenderla. Ancora una volta mi ritrovavo solo con la mia delusione.
Il mio ritiro, definitivo e irrevocabile, dalla Massoneria italiana e straniera non era solo motivato dalla delusione, ma aveva anche profonde ragioni oggettive che riguardavano i limiti della Massoneria attuale per comprendere le sfide che provengono dalla società globale.
Il primo limite è la sua sovranità territoriale circoscritta alla nazione. Esistono, infatti, solo Gran Logge nazionali. Dove ci sono le Confederazioni (come quella del Nord America), la sovranità rimane esclusiva delle singole Gran Logge.
Questo modello è stato impeccabile dalle origini del Settecento fino a cinquant’anni fa. Poi ha avuto inizio la trasformazione più radicale del mondo in cui viviamo ad opera della scienza e delle sue applicazioni tecnologiche. In pochi decenni i segreti dell’universo e della vita sono stati svelati. La fisica teorica ha scoperto il “mattone primordiale” della materia, mentre la teoria dell’evoluzione ha individuato i meccanismi mediante cui la natura crea le specie viventi. In questo modo la natura è stata mandata in soffitto e l’uomo si è sostituito a essa. Il volo nello spazio e la decifrazione del genoma umano sono solo alcuni aspetti delle scoperte scientifiche del nostro tempo. Da esse discendono rilevanti applicazioni tecnologiche, che hanno profondamente cambiato la nostra esistenza quotidiana.
Alle origini di tutto ciò vi è la “globalizzazione”. Molti vedono in essa la causa di molti mali che affliggono oggi l’umanità e auspicano il ritorno al passato. Non è così. Più la scienza va avanti con le sue scoperte, più la globalizzazione diventa una realtà. Per eliminare la globalizzazione, si dovrebbe arrestare la ricerca scientifica. È ciò possibile?
In un mondo sempre più globalizzato, la Massoneria tradizionale, circoscritta al territorio nazionale, non ha più ragione di essere. Le sfide che la società globale impone non possono più trovare soluzione all’interno dei singoli Stati, ma richiedono una visione più ampia che richiede strategie internazionali. Se la Massoneria vuole essere alla pari con i tempi e partecipare al miglioramento dell’umanità, deve diventare internazionale. Comprendo le difficoltà inerenti a tale trasformazione, ma non vi sono alternative: o la Massoneria si rinnova o si estingue.
La Massoneria tradizionale è caratterizzata dalla mancanza di universalità, nonostante ad essa dica di ispirarsi. Per essere veramente universale, la Massoneria non dovrebbe escludere nessuno. La sua storia, però, mostra l’esclusione di importanti componenti della società, come ad esempio le donne. È vero che, nei secoli scorsi, la donna era intesa come “animale da riproduzione”, ma oggi, con la sua emancipazione, essa è protagonista delle vicende sociali. Lo aveva già capito Platone, quando affermava che non vedeva differenze nella natura dell’uomo e della donna per quanto riguarda lo svolgimento delle attività sociali. L’esclusione della donna dalla Massoneria significa oggi privarsi di una componente essenziale nello svolgimento delle attività massoniche nella società. Domando: è così che si vogliono vincere le sfide della scienza?
Nella Massoneria vi sono altre importanti esclusioni. La Massoneria inglese, per esempio, dichiara che il massone deve avere una fede religiosa. Ciò significa che gli atei ne sono esclusi. Per coerenza, si dovrebbe escludere la maggior parte degli scienziati che non credono in una divinità. D’altra parte, alcune Massonerie europee escludono coloro che hanno, invece, una fede religiosa, dichiarando così il contrario della Massoneria inglese. Vi sono, infine, altre Massonerie che ammettono le donne ma sono considerate irregolari. La confusione regna sovrana. Per realizzare la vera universalità, è necessario che le diverse Massonerie rivedano e modifichino le loro Costituzioni. È ciò possibile?
Lo specifico della Massoneria è dato dal suo fondamento esoterico e iniziatico. Ciò significa che essa si differenzia da tutte le altre concezioni della vita e dell’uomo proprio perché ha prescelto e privilegiato tale fondamento, come ho spiegato in Filosofia della Massoneria e della tradizione iniziatica (Marsilio, 2016). Se tale specifico, che definisce la natura della Massoneria, viene a mancare, la Massoneria non è più Massoneria.
La Massoneria ha ancora il fondamento esoterico? Con questa domanda si entra nel cuore del problema. La mancanza di internazionalità e di universalità riguarda aspetti della vita associativa della Massoneria che possiamo definire “profani”. La Massoneria, tuttavia, non è soltanto una società profana. Il fondamento esoterico ne è lo specifico. “Profano” ed “esoterico” devono essere coniugati, dando però la priorità al secondo. Domando: il fondamento esoterico è ancora prioritario nella Massoneria odierna?
Le Massonerie oggi esistenti, da un punto di vista formale, agiscono nel rispetto delle regole esoteriche: i massoni si riuniscono nel Tempio, indossano grembiuli e gioielli, recitano rituali, “iniziano”, “passano” ed “elevano” i candidati ai gradi superiori. All’apparenza, tutto sembra perfetto. Ma non è così.
La verità è che tutto ciò è svuotato di ogni significato autenticamente esoterico. La ritualità, in tutte le sue manifestazioni, è oggi espressione di atti ripetitivi inconsapevoli: coloro i quali li compiono non ne conoscono il significato. Nascono così profonde contraddizioni e anomalie. Si pensi, in particolare, alla mia elezione alla Gran Maestranza del Grande Oriente d’Italia. Il “ballottaggio” tra me e Tiberi avvenne all’interno del Tempio consacrato. In quel luogo, tuttavia, si stavano consumando accordi di ogni tipo per la conquista del potere. Tutto era profano. Perché allora farlo nella sacralità del Tempio? Perché mescolarlo con la ritualità? La risposta è semplice: perché nessuno dei presenti aveva compreso il fondamento iniziatico della Massoneria. Come possono essere, questi, massoni? La verità è che non lo sono.
Dopo la Seconda guerra mondiale, la rinascita della Massoneria in Italia è stata favorita da massoni degli Stati Uniti, i quali hanno importato la concezione “democratica” della Massoneria, e l’hanno imposta. Peggio di così la Massoneria in Italia non poteva rinascere. Della gloriosa Massoneria che esisteva prima, dalle origini all’avvento del fascismo, non resta ormai più nulla (se non la sterile retorica). È proprio qui che nasce la “contro-iniziazione” della Massoneria, la quale, negli anni successivi, si accentuerà e renderà possibile la Loggia P2.
Il fondamento esoterico, specifico della Massoneria, trova espressione nelle Cerimonie di Iniziazione, Passaggio ed Elevazione, che sono scandite dal Rituale. Il Rituale, perciò, è essenziale nelle fasi del “perfezionamento” del massone. Quale Rituale?
È subito da precisare che non esiste un Rituale unico, valido per tutte le Massonerie del mondo. Si può dire che, fra i pochi Rituali importanti, quello che assume maggior rilevanza è il Rituale Emulation, in uso nella Gran Loggia Unita d’Inghilterra e nelle Massonerie da essa riconosciute. Tale Rituale, tuttavia, come ho già spiegato, è stato tratto dalla Bibbia, di cui presenta le stesse caratteristiche religiose. Quindi è un rituale religioso, come giustamente sostengono i Padri della Chiesa Cattolica.
Pur mantenendo ferma la concezione massonica dell’uomo, l’andare oltre la Massoneria attuale significa rinnovarla secondo i landmarks fin di qui proposti. È esattamente ciò che io ho fatto con la fondazione dell’“Accademia degli Illuminati” e dell’“Ordine Dignity”.
La visione di una società umana universale e armonica, che inutilmente avevo cercato di attuare nel Grande Oriente d’Italia e nella Gran Loggia Regolare d’Italia, era ancora lì, in attesa di entrare nella storia umana. Ma con quali sembianze?
Cominciai a passare in rassegna le diverse società esoteriche che si erano realizzate nel percorso millenario dell’umanità, per trovare il “vestito” storico da dare alla mia concezione della vita e dell’uomo. La mia attenzione fu attratta dall’Ordine degli Illuminati. Gli “Illuminati” esprimevano la vera universalità, poiché consideravano l’uomo per le sue qualità innate, a prescindere dal sesso, colore della pelle, lingua, religione e cultura. La decisione era presa: avrei “risvegliato” gli Illuminati, in Italia e nel mondo; ero legittimato a farlo, poiché ero stato Gran Maestro di una Massoneria regolare che mi aveva conferita l’autorità iniziatica.
Quale nome dargli? Il termine “Ordine” mi lasciava perplesso a causa dell’inflazione che ne era stata fatta. Dopo attenta analisi, scelsi il termine “Accademia” anche per mettere in evidenza il carattere elitario degli Illuminati. Allo stato attuale, tuttavia, privilegio il termine “Ordine”, che ritengo comunque più appropriato.
L’Ordine degli Illuminati, nel risvegliare gli Illuminati di tutto il mondo, dovrà tener conto delle difficoltà e dei limiti in cui incorre oggi la Massoneria, almeno per evitarli. In primo luogo, dovrà ripristinare il corretto rapporto tradizionale tra il fondamento iniziatico e il fondamento profano. Se la degenerazione della Massoneria ha avuto, come principale conseguenza, il rovesciamento della piramide profana, l’Ordine degli Illuminati dovrà rovesciare la piramide rovesciata, rimettendola nella giusta posizione. Da ciò segue che, anche nel fondamento profano, il potere dovrà discendere dall’alto verso il basso.
Caratteristica comune dell’Ordine degli Illuminati e della Massoneria è la conoscenza che i suoi adepti devono avere riguardo i principi, la dottrina, l’esoterismo, il simbolismo, la storia e i progetti. In Massoneria, purtroppo, sono stati ammessi uomini che non avevano e non hanno tale conoscenza. Questa è un’altra importante ragione della sua degenerazione.
Gli Illuminati, in tutte le loro rigenerazioni, devono presentare caratteristiche comuni.
La prima caratteristica è l’universalità. Sono Illuminati esseri umani che hanno la luce nella loro coscienza, a prescindere da specificazioni di sesso, colore della pelle, religione, lingua e cultura. Sono loro, e soltanto loro, che formeranno l’“Ordine Internazionale degli Illuminati”. Il loro ambito di competenza sarà il mondo. I loro progetti riguarderanno il pianeta Terra.
La seconda caratteristica è la saggezza. Gli Illuminati sono saggi poiché, seguendo la via del perfezionamento iniziatico, hanno raggiunto i livelli più alti della conoscenza umana. Essi sono simili ai filosofi della Repubblica di Platone, che governano il bene pubblico con saggezza e giustizia.
La terza caratteristica è l’autorità. La conoscenza e la saggezza conferiscono all’uomo l’autorità di governare. Coloro i quali esercitano tale autorità devono essere carismatici e lungimiranti, e devono avere il Progetto per condurre l’umanità verso il Fine che le darà benessere e felicità
La quarta caratteristica è il potere. L’esercizio dell’autorità implica il potere necessario per la realizzazione del Progetto. Solo il potere, esercitato con saggezza, garantisce il successo alle imprese umane.
La quinta caratteristica è l’Uno Illuminato. Quando il processo di globalizzazione sarà compiuto, si porrà il problema del governo dell’umanità. Si dovrà scegliere, allora, tra le forme possibili di governo. In particolare la scelta sarà tra il governo della maggioranza (democrazia) e il governo dell’Uno. Nel presente, vi è la tendenza, favorita dall’Occidente, a estendere la democrazia, ritenuta la miglior forma di governo, in tutte le regioni del pianeta. Non mancano, tuttavia, degenerazioni e conseguenze negative, che ragionevolmente fanno dubitare che nel futuro possa essere la democrazia a governare il mondo. L’alternativa è la tirannia (o monarchia o dittatura). La tirannia, tuttavia, evoca guerre mondiali disastrose che hanno caratterizzato il XX secolo, dovute a tiranni come Hitler e Stalin. A buona ragione l’umanità cerca di dimenticare quel periodo oscuro della sua storia. Si può comprendere, perciò, la reazione negativa al governo dell’Uno. Per guidare il futuro dell’umanità, tuttavia, bisogna ricercare, razionalmente e non emotivamente, il miglior governo possibile. L’Uno di cui qui si parla non è affatto un’emulazione di Hitler o Stalin, ma l’espressione della Comunità degli Illuminati che governerà il mondo con saggezza. È proprio questa Comunità che sceglierà al suo interno l’Uno che dovrà governare il mondo. L’Uno riunirà in sé il massimo di conoscenza e saggezza, saranno queste che gli indicheranno la via maestra per condurre l’umanità verso il benessere e la felicità. L’esercizio del potere assoluto farà di lui l’Uno-dio!
Con questa visione ho risvegliato gli Illuminati, prima in Italia e poi in altri paesi. La registrazione dell’“Atto costitutivo” porta la data del 1° agosto 2002. La prima sede è stata a Roma, al numero 33 di Piazza di Spagna.
Il risveglio degli Illuminati ha avuto una vasta eco sia in Italia sia nel mondo. Persino il Vaticano se n’è interessato. A questo proposito posso riferire che mi venne proposto di accogliere tra i suoi adepti monsignor Giorgio Eldarov, nato a Zorniza (Bulgaria) il 27 febbraio 1926. Eldarov, uomo di acuto ingegno e profondo conoscitore della natura umana, era stato incaricato da papa Giovanni Paolo II di seguire la “pista bulgara” per il suo attentato in piazza San Pietro. Inoltre, come attento studioso, egli aveva scoperto notizie inedite sul periodo trascorso da monsignor Roncalli in Bulgaria come Nunzio apostolico, prima di diventare papa Giovanni XXIII. Dopo averlo conosciuto personalmente l’ho accolto con gioia negli Illuminati. Quando l’11 luglio 2002, presso lo studio del notaio Giovanni Pocaterra in Roma, è stata legalmente formata l’“Accademia degli Illuminati”, monsignor Eladrov era tra i Soci Fondatori.
L’Ordine degli Illuminati, nella sua storia secolare, ha ideato progetti per il miglioramento materiale e morale dell’umanità. La realizzazione di tali progetti ha richiesto il coinvolgimento di altri esseri umani, in possesso della conoscenza diretta e concreta degli innumerevoli livelli che compongono la società. Sono loro che hanno le competenze necessarie per realizzare i progetti concepiti dagli Illuminati. Denominerò questi ultimi “speculativi”, perché ideano progetti, mentre saranno Illuminati “operativi” coloro che li realizzano nella società.
Per evitare fraintendimenti ho riunito gli Illuminati operativi nell’Ordine che ho denominato “Dignity”, il cui scopo è la difesa della dignità dell’uomo. Come qui appare evidente, ho ripreso la visione che sottese alla prima “Fondazione Dignity” in Svizzera.
Dignity è un Ordine esoterico internazionale che si può rappresentare come una piramide al cui vertice è il Gran Maestro. Scopo istituzionale dell’Ordine è la difesa della dignità umana, ossia della condizione di nobiltà morale in cui l’uomo è posto dalle sue qualità intrinseche e dalla sua stessa natura. La nozione di “dignità”, perciò, inerisce all’uomo in quanto tale ed esprime una sua caratteristica universale, che si ritrova in tutti gli uomini, senza distinzione di sesso, età, colore della pelle, religione, lingua e cultura. Essa, quindi, è un elemento costitutivo dell’uomo, nel senso che, se l’uomo perde la propria dignità, allora non è più uomo.
Proprio perché la dignità è un dato insopprimibile dell’uomo in quanto espressione della sua natura, essa si ritrova in tutte le concezioni dell’uomo, da quelle religiose a quelle laiche. Tuttavia, nel mondo in cui viviamo, la dignità è disprezzata e umiliata. Molti uomini e donne sono costretti a vivere senza dignità (compresi molti che si credono “iniziati”). È per questa ragione che l’umanità sta perdendo i valori ideali che l’hanno sempre sorretta. Anche la fede in dio si sta spegnendo e l’umanità sembra perdersi nelle nebbie del materialismo e dell’utilitarismo. Poiché la nozione di “dignità” è universale, la sua portata è illimitata.
Un Ordine che si propone la difesa della dignità dell’uomo deve scegliere gli ambiti che gli sono primari, considerando le particolari condizioni storiche e contingenti in cui versa l’umanità. Nel mondo in cui viviamo, la difesa della dignità umana significa, principalmente, la difesa delle minoranze etniche, della donna, dei deboli, dei perseguitati e degli emarginati.
Dopo una fase di preparazione l’“Ordine Dignity” è stato fondato a Trento il 6 giugno 2011, con la registrazione dell’“Associazione Dignity. Ordine per la difesa della dignità dell’uomo”.
Poiché Dignity è un Ordine internazionale, ho costituito in Austria, in conformità alla legge austriaca, l’“Associazione Internazionale di Dignity”, registrata il 4 luglio 2012, con sede legale a Vienna. Il suo compito è quello di governare gli Ordini nazionali. Dignity è nato in Italia e si sta diffondendo in altri paesi del mondo.
Con l’Ordine degli Illuminati e Dignity sto procedendo verso il futuro. La mia esperienza massonica appartiene ormai al passato. Se mi volgo indietro, per dare un ultimo sguardo, vedo le rovine di una delle più nobili società che, per alcuni secoli, ha guidato il destino dei popoli. Per quanto riguarda l’Italia, vedo Gran Maestri che modificano le Costituzioni per farsi rieleggere. Altri che provano, per fortuna inutilmente, a farsi eleggere a vita. Come nel mondo profano, essi non vogliono lasciare il Trono di Re Salomone per mantenere i “metalli”, cioè i privilegi materiali. Sono proprio loro, che ne sono al vertice, a guidare la contro-iniziazione nella Massoneria! Che tristezza!
Vedo anche, in tutte le Massonerie, uomini degni che hanno la conoscenza esoterica ma sono disorientati. Per loro, e solo per loro, la porta dei miei Ordini è sempre aperta.
4 commenti
Caro Prof. Di Bernardo, concordo in parte. Secondo me nella Sua analisi manca la parte, importantissima, dell’inquinamento della Massoneria italiana operato nel secondo dopoguerra dagli americani. L’hanno usata in funzione anticomunista e i massoni italiani li hanno lasciati fare perché in cambio hanno assaporato l’ebbrezza del potere, quello vero. Parlo di inquinamento perché, secondo me, le attività anticomuniste in cui fu coinvolta la Massoneria italiana erano finanziate con gli “affari” spesso illeciti e spesso fatti in collaborazione con la mafia. A mio parere l’incastro Massoneria/Mafia nasce e si sviluppa così.
Caro Danilo, è proprio come hai detto: l’insano rapporto tra Massoneria e mafia nasce con lo sbarco degli americani in Italia durante la Seconda guerra mondiale. Non si è mai interrotto, come hanno chiaramente dimostrato le infiltrazioni della mafia nelle Logge di Campobello di Mazara (Valle di Cusa-Giovanni Gangi) e di Licata (Arnaldo da Brescia) del Grande Oriente d’Italia.
E allora ci troviamo di fronte a una decadenza, come quella “dell’Impero Romano”, cioè un evento che avviene per un complesso di concause, e che, anche se i protagonisti ne sono consapevoli, non possono farci niente… Chiunque salga su questo treno, lo vedrà lentamente distruggersi mentre corre sui binari… e poi rallentare… e poi fermarsi, se va bene… se andasse male, potrebbe anche rischiare di deragliare con grande rischio per i “passeggeri”. È così? Se è così, è un’altra manifestazione della limitatezza umana, e della illusorietà dei sogni umani.
Sì, caro Mario, è proprio così.
La Massoneria, inesorabilmente, sta andando verso l’estinzione. La realtà diventa illusione e l’illusione è il nulla. Forse, Gran Maestri illuminati potrebbero rallentarne la fine ma vi sono solo nani che generano nani.
La Massoneria è stata un bel sogno ma i sogni finiscono all’alba.