LA TENTAZIONE DI ANDARE OLTRE LA RELIGIONE
di Giuliano Di Bernardo
Ho mostrato le ragioni in base alle quali la Massoneria non può essere interpretata come religione. In ambito massonico, tuttavia, vi è chi sostiene un’interpretazione che tende a portare alle estreme conseguenze quella religiosa. Si tratta dell’interpretazione mistica, a cui dedicherò le pagine seguenti.
Per caratterizzare il misticismo è importante distinguere quello ellenistico da quello che nasce all’interno delle grandi religioni, con particolare riguardo al monoteismo giudaico-cristiano-islamico.
Nel mondo greco il misticismo si sviluppa secondo due distinti orientamenti: quello rituale e quello intellettuale.
Le religioni misteriche, di origine orientale e successivamente diffuse anche in Occidente, avevano lo scopo di stabilire un’unione intima, profonda e permanente tra la divinità e gli iniziati tramite cerimonie sacre, le quali, caratterizzate da danze, orge e bevande eccitanti, creavano uno stato di esaltazione detta estasi. Tra i più importanti culti misterici sono da ricordare quelli di Mithra, di Attes, di Osiride e Iside, di Adone, oltre a quelli denominati eleusini, orfici e pitagorici.
L’altro orientamento mistico, che caratterizza il mondo ellenico, è quello intellettuale, che trova la sua più compiuta espressione in Platone. Infatti, secondo Platone la liberazione dai mali del mondo terreno non è raggiungibile mediante riti o culti sacri o pratiche espiative, quanto, piuttosto, per mezzo della contemplazione. Poiché la filosofia di Platone è diventata il punto di riferimento delle differenti tradizioni mistiche occidentali, è necessario esibirla almeno per quanto riguarda la sua concezione della realtà, la quale trova espressione nel mito della caverna. Secondo Platone, coloro i quali sono privi della filosofia assomigliano a prigionieri in una caverna, i quali, essendo legati, possono guardare in una sola direzione. Essi hanno un fuoco dietro le spalle e un muro di fronte. Tra loro e il muro non vi è nulla, per cui tutto ciò che essi vedono altro non sono che le proprie ombre che vengono proiettate sul muro dalla luce del fuoco. Ovviamente essi considerano queste ombre come se fossero reali. Qualcuno, ad un certo punto, riesce a fuggire dalla caverna e, per la prima volta alla luce del sole, vede le cose come queste sono realmente. Così comprende che, fino a quel momento, era stato ingannato dalle ombre della caverna, le quali egli – erroneamente – aveva considerato come reali.
La descrizione della caverna esprime la concezione di Platone di una realtà più vera di quella dei sensi. Il mondo che ci appare è paragonabile alle ombre proiettate sul muro ed è quindi illusione, mentre la realtà è data da tutto ciò che è immutabile, al di sopra del tempo e del divenire delle cose, ed è costituita dalle idee eterne.
La teoria delle idee, insieme con il dualismo di anima e corpo, la dottrina dell’immortalità dell’anima e la credenza nella sua trasmigrazione pervengono a Platone dalla tradizione orfico-pitagorica (che deriva, a sua volta, dalla filosofia dei Veda e delle Upanishad dell’induismo). Esse sono però da lui rielaborate in modo sistematico e originale.
Il rappresentante più autorevole degli sviluppi mistici di questa filosofia è Plotino, il quale sostiene che l’ansia del divino può essere soddisfatta partecipando al suo modo di essere e quindi alla sua beatitudine. L’unica finalità degna di un uomo è la comunione con l’Uno. L’anima dell’uomo raggiunge la più alta perfezione quando si congiunge all’Uno e vive in lui la sua vita immortale. Nelle Enneadi Plotino espone il “metodo della contemplazione”, ritenuto come l’unico mezzo per raggiungere l’Assoluto e identificarsi con esso.
L’uomo deve liberarsi della materia tramite l’ascesi e perfezionare la sua anima con la filosofia, predisponendosi così alla contemplazione dell’Uno. L’estasi consiste nell’esperienza, temporanea ma infinitamente densa di gioia, della propria adesione all’Uno. L’immersione nell’Uno svuota l’anima da ogni vincolo e da ogni ricordo, anche dal ricordo di sé, per rendere possibile un’esperienza nuova ed ineffabile, che è l’esperienza mistica. Per Plotino, l’Uno, anche se trascendente, si trova nel centro più profondo dell’anima. Per raggiungerlo occorre raccogliersi in sé fino a vivere esclusivamente in esso. L’uomo trova in sé l’Assoluto, l’Uno, l’Essere. Questo congiungimento dell’uomo con la divinità non è un atto della ragione discorsiva: l’uomo non conosce l’Uno, ma lo coglie con uno slancio, che è un vedere senza vedere, un intendere senza intendere, è estasi.
Con questa riflessione, ci introduciamo nell’analisi del misticismo all’interno delle grandi religioni, con particolare riguardo al monoteismo giudaico-cristiano-islamico. Tale limitazione, da cui segue l’esclusione delle filosofie orientali, come, ad esempio, l’induismo e il buddismo, è resa necessaria dall’esigenza di fare sul misticismo un discorso unitario. Infatti, solo restando nell’ambito del monoteismo giudaico-cristiano-islamico è possibile rinvenire quelle radici bibliche che, pur nelle diversità teologiche, presentano un sicuro fondamento comune. Al contrario, l’inclusione delle grandi religioni orientali comporterebbe una complessità d’indagine che, rispetto alle finalità di questo lavoro, risulterebbe troppo onerosa, senza peraltro modificare sostanzialmente le tesi sostenute.
Il misticismo, nel monoteismo giudaico-cristiano-islamico presenta alcune caratteristiche comuni. La prima riguarda la passività dell’uomo rispetto alla divinità e lo speciale rapporto che l’uomo instaura con essa. Infatti, in tutte e tre le religioni, si danno esercizi preparatori all’ascesi che consistono nel silenzio, nella preghiera, nel raccoglimento, nella concentrazione. A tale propedeutica, segue l’itinerario che l’uomo deve percorrere per raggiungere la pienezza dell’unione con la divinità. Tale percorso viene descritto come purificazione, liberazione, annichilimento, progressiva spogliazione e morte. Il rapporto con la divinità, espresso in termini di unione, fusione, divinizzazione è reso possibile da quell’uscita da sé che Plotino definiva come estasi, che rappresenta la separazione dell’anima dal corpo e l’immersione nella divinità. L’estasi è seguita dal rallentamento delle attività corporali (anestesia, trance) e, a volte, da fenomeni come la levitazione, le stimmate e simili.
L’esperienza mistica è, per sua natura, ineffabile e incomunicabile. Da ciò consegue una situazione paradossale: il misticismo è negazione della storia all’interno della storia. Mentre da una parte essa cerca di trascendere la storia, dall’altra proprio dalla storia trae il suo linguaggio, per mezzo del quale definirsi anche nei confronti di quelle religioni di cui è parte integrante. Conseguenza di ciò è che, accanto alla pretesa di ineffabilità e incomunicabilità, il mistico spesso elabora ed esprime complesse interpretazioni della propria esperienza, dando vita alla cosiddetta “teologia mistica”. Per evitare tale contraddizione e per definire la sublimità della propria esperienza, il mistico non ha a sua disposizione parole: l’unico linguaggio appropriato sarebbe il silenzio della contemplazione, che costituisce, in verità, l’essenza di ogni misticismo autentico. Se il misticismo è ineffabile, allora esso è silenzio, poiché solo col silenzio si soddisfa l’altro suo requisito, quello della incomunicabilità. Se il mistico parla, allora comunica. Se comunica, allora esprime l’ineffabile che è, per sua natura, inesprimibile, cadendo così in contraddizione. Il misticismo, fin dalle sue più primitive manifestazioni, non ha saputo (forse non ha potuto) risolvere questo paradosso.
Tale contraddizione diventa ancora più forte se il misticismo viene confrontato con le religioni monoteistiche e profetiche. Qui esso trova un limite insuperabile proprio in alcuni principi essenziali, come la fede nell’unico dio creatore, la rivelazione delle Sacre Scritture, l’escatologia. La dottrina della creazione esclude l’esistenza di una seconda divinità, che abbia la stessa dignità di Dio e che svolga, nel percorso mistico, una funzione intermediaria tra l’uomo e dio. La fede in una rivelazione, affidata alla Bibbia (ebraica e cristiana) e al Corano, rappresenta il momento originario e normativo, mai rinnegato dall’esperienza mistica. Ma il limite maggiore del misticismo è dato dall’escatologia intesa come prospettiva finale della storia: il tentativo di sottrarsi alla storia anticipandone le conclusioni viene considerato come un atto di presunzione, poiché solo a Dio spetta il compito di porre un termine al percorso storico dell’umanità. È proprio qui che riappare il paradosso del misticismo: si pensi, in particolare, a Paolo, il quale si sente diviso tra il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, e l’esigenza di rimanere nella carne per svolgere un servizio apostolico.
Al di fuori delle religioni il misticismo si sviluppa seguendo le sorti del neoplatonismo, soprattutto attraverso le opere di Plotino, Porfirio, Giamblico e Proclo. In seguito alla chiusura dell’Accademia platonica per ordine di Giustiniano, il misticismo sopravvive nelle dottrine filosofiche di Scoto Eurigena, Avicenna, Averroè e in Meister Eckart. Riprende vigore con i filosofi che si sono riuniti nella nuova Accademia platonica, come Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Giordano Bruno, Jacob Böhme, fino ad arrivare a Fichte, Schelling, Goethe ed altri filosofi, i quali, tuttavia, pur sostenendo la possibilità da parte dell’uomo di raggiungere il divino seguendo le vie dell’intuizione, non porteranno mai il misticismo fino alle estreme conseguenze.
L’esperienza mistica è un fenomeno assai complesso che trova, sul piano storico, numerose e molteplici manifestazioni. Non è mio compito seguire tali sviluppi, quanto, piuttosto, quello di evidenziarne le caratteristiche comuni sul piano teoretico.
La prima caratteristica riguarda la fede nella possibilità di un percorso verso la divinità basato sull’intuizione o sulla rivelazione, in contrapposizione ai sensi e alla ragione ritenuti fonte di ogni illusione. Tale fede parte dalla convinzione che esiste una realtà che sta dietro al mondo delle apparenze, che si scopre tramite un atto intuitivo e non discorsivo. Solo la conoscenza mistica è, quindi, vera conoscenza. Ogni altra conoscenza (compresa anche quella scientifica), se confrontata con essa, è ignoranza.
La seconda caratteristica del misticismo concerne la credenza nell’unità di tutte le cose, che rappresenta il fondamento del monismo in filosofia e del panteismo in religione. Si deve a Parmenide l’idea che l’universo è unico e indivisibile, mentre quelle che sembrano essere le sue parti altro non sono che illusioni. Si fa strada così, nel pensiero occidentale, la concezione di una realtà diversa da quella che ci perviene dal mondo dei sensi, che è unica, indivisibile e immutabile.
La terza caratteristica è data dalla negazione della realtà del tempo: la distinzione tra passato e futuro è illusoria. Essa è una conseguenza della caratteristica precedente, in base alla quale tutto è uno e l’uno è immutabile. Se si ammettesse la realtà del tempo, allora si negherebbe l’unità e l’immutabilità delle cose. Perciò, se l’uomo vuole innalzarsi fino all’Assoluto, deve imparare a uscire dalla storia.
La quarta caratteristica riguarda la negazione della distinzione tra il bene e il male, che è la conseguenza della negazione della realtà del tempo. Ciò non significa, però, che il male diventa bene, ma semplicemente che il male non esiste. Esso appartiene a quel mondo dei sensi di cui dobbiamo liberarci se vogliamo accedere all’Assoluto. Si viene così ad affermare che, nel mondo dell’apparenza e dei sensi, vi è sia il bene, sia il male, sia il loro reciproco conflitto, ma che, nel mondo reale e immutabile esiste solo il bene mistico, a cui non si contrappone il male poiché in esso il male non esiste.
La quinta caratteristica è data dall’ineffabilità e dalla incomunicabilità dell’esperienza mistica, le quali sono all’origine del paradosso del misticismo di cui ho parlato nelle pagine precedenti.
L’insieme di tutte queste caratteristiche rappresenta il misticismo inteso come “concezione del mondo”.
Tuttavia, del misticismo si può anche discorrere in un’altra accezione, ovvero quella di un “atteggiamento di saggezza” da assumere nei confronti della vita. Bertrand Russell, a questo riguardo, così si esprime: «La possibilità dell’amore e della gioia universali in tutto ciò che esiste è d’importanza suprema per la condotta e la felicità della vita, e conferisce un valore inestimabile all’emozione mistica, a parte il credo che ci si può costruire su. Ma se non vogliamo lasciarci indurre in convincimenti falsi, è necessario capire esattamente che cosa rivela l’emozione mistica. Essa rivela una possibilità della natura umana: la possibilità di una vita più nobile, più felice e più libera di quella in qualsiasi altro modo raggiungibile. Ma non rivela niente circa il mondo umano o circa la natura dell’universo in generale. Il bene e il male, e anche il bene più elevato che il misticismo trova ovunque, sono il riflesso delle nostre emozioni sulle cose, non fanno parte della sostanza delle cose quali sono in sé» (in Misticismo e logica).
Il filosofo inglese, mentre rifiuta il misticismo inteso come concezione del mondo, lo ritiene tuttavia un presupposto essenziale per condurre una vita più nobile, più felice e saggia. Il misticismo, così inteso, consente all’uomo di perfezionarsi nell’esercizio del bene, senza però aderire a una concezione (quella mistica) che è, tra l’altro, la negazione della ragione umana. Ritornerò su tale nozione di misticismo quando la esaminerò nei suoi rapporti con il pensiero massonico.
Dopo aver delineato le caratteristiche generali del misticismo, ritengo necessario soffermarmi sull’opera di René Guénon non solo per il suo valore intrinseco, ma anche e soprattutto per l’influenza che essa ha avuto e continua ad avere in certi ambiti massonici. Le mie riflessioni si basano sulle seguenti opere: Considerazioni sulla via iniziatica (Basaia, 1988) e Studi sulla Massoneria (Basaia, 1983).
In primo luogo, è importante qualificare filosoficamente l’opera di Guénon, ossia esplicitare la tradizione di pensiero entro cui essa si colloca. È mia convinzione che tale tradizione sia quella del misticismo. Per giustificarla confronterò il pensiero di Guénon con le cinque caratteristiche del misticismo già delineate in precedenza. La prima caratteristica – la fede nella possibilità di un percorso verso la divinità basato sull’intuizione, in contrapposizione alla ragione e ai sensi – è il fondamento principale del pensiero di Guénon. Secondo questi la realtà suprema è data dal mondo delle idee eterne, delle quali le cose che appaiono sono soltanto il riflesso. L’attività più alta dell’uomo consiste nell’intuizione di tali idee, la quale è possibile solo andando oltre la ragione. È evidente l’adesione di Guénon alla dottrina delle idee e della contemplazione di Platone.
La seconda caratteristica – la credenza nell’unità di tutte le cose – trova espressione nel passo che segue: «Una delle ragioni di essere [delle organizzazioni iniziatiche] è di permettere il passaggio di là da tale forma [tradizionale] per elevarsi dalla diversità all’unità» (Considerazioni sulla via iniziatica). Qui Guénon ritrova Parmenide e Plotino.
La terza caratteristica – la negazione della realtà del tempo – emerge in Guénon quando egli afferma: «Si può dire in verità che … non vi sia un’origine storica, poiché l’origine reale si situa in un mondo cui non s’applicano le condizioni di tempo e di luogo che definiscono i fatti storici come tali» (Considerazioni sulla via iniziatica). Qui ritroviamo, fra gli altri, Platone e Parmenide. Si osservi che, quando Guénon parla di origine reale, egli si riferisce a una realtà sovra-razionale, sovra-sensibile, metafisica.
La quarta caratteristica – la negazione della distinzione tra il bene e il male – è conseguenza della caratteristica precedente, per cui, se vale la terza, allora vale anche la quarta.
La quinta caratteristica – l’ineffabilità e l’incomunicabilità – percorre tutta l’opera di Guénon. Per esplicitarla è sufficiente il brano che segue: «Il segreto iniziatico è tale perché non può non esserlo, consistendo essenzialmente nell’“inesprimibile” che, per conseguenza, è l’“incomunicabile”» (Considerazioni sulla via iniziatica).
Come si può facilmente constatare, le cinque caratteristiche del misticismo si ritrovano pienamente nell’opera di Guénon, per cui è giustificato affermare che egli è un mistico e che il suo pensiero è altamente spirituale. Tuttavia, ciò non significa negare che la sua opera presenti peculiarità che la qualificano in modo originale e che, sotto certi aspetti, la differenziano da altre forme di misticismo.
Quella di Guénon è una precisa concezione filosofica che si ispira a Platone, a Plotino, alla gnosi dei primi secoli cristiani, a certi aspetti della Scolastica e alle grandi scuole speculative orientali (in particolare i Veda e le Upanishad dell’induismo). Nozioni, queste, tutt’altro che nuove, le quali, tuttavia, vengono rielaborate da Guénon all’interno di un quadro concettuale del tutto particolare.
Il punto di partenza della riflessione di Guénon consiste nella distinzione platonica tra mondo delle idee eterne e mondo della ragione e dei sensi. Tale distinzione viene tradotta nella dualità «non-umano/umano», ove il «non-umano» rappresenta la metafisica, l’intuizione, la conoscenza reale, l’intellettualità pura, mentre l’«umano» esprime la ragione, la filosofia, l’esperienza sensoriale, la scienza, la storia. Il «non-umano» è atemporale, eterno, immutabile, mentre l’«umano» è soggetto al divenire del tempo e della storia. Da ciò segue che lo sviluppo del tempo non porta all’uomo nulla di essenziale, questo perché l’essenziale è costituito dai principi della metafisica, che sono immutabili. Ecco, dunque, che la metafisica occupa un posto centrale nel pensiero di Guénon.
Il mondo del «non-umano», caratterizzato dalla metafisica, viene contrapposto al mondo dell’«umano», al vertice del quale si trovano la scienza e la filosofia, entrambe espressione della ragione discorsiva. Poiché la conoscenza vera è quella eterna e immutabile della metafisica, ogni altra conoscenza, compresa anche quella scientifica, è da intendere come parvenza e degenerazione di quella vera.
Queste considerazioni, se riferite all’uomo, stanno a significare che l’uomo ha un’origine «non-umana», divina, sacra, la quale è caratterizzata dall’intellettualità pura, dalla conoscenza metafisica, dalla trascendenza, dall’eterno e dall’immutabile, dall’inesprimibile (ineffabile) e dall’incomunicabile. Da tali origini «non-umane» l’uomo discende «verticalmente» verso l’«umano», il quale viene espresso dalla ragione, dalla filosofia, dalla storia. Il passaggio dal «non-umano» all’«umano» è, di per sé, una prima e fondamentale perdita, una caduta, un oscuramento spirituale. Dal primo stato «umano», quello primordiale, segue un’ulteriore degenerazione che si attua in senso «orizzontale», fino a raggiungere l’apice nell’epoca in cui viviamo. Sono le forze razionali che prendono il sopravvento sull’intellettualità pura e l’intuizione, mentre la riflessione filosofica si sostituisce alla conoscenza metafisica, l’immanenza alla trascendenza, l’individuale all’universale.
All’origine dell’«umano» vi è lo «stato primordiale», a cui seguono, per graduali e progressive degenerazioni, altri stati. L’allontanamento dallo stato primordiale comporta la perdita della sacralità che lo costituiva e la conseguente nascita delle distinzioni fra sacro e profano, fra tradizione e anti-tradizione, fra iniziazione e anti-iniziazione. Tuttavia, è sempre esistito un vincolo che ha unito lo stato primordiale agli stati successivi: esso è definito dalla tradizione, autentica e ortodossa, mantenuta sempre in vita dai Grandi Iniziati.
L’iniziazione ha lo scopo di restaurare lo stato primordiale mediante un percorso a ritroso nel tempo: è questa la Via iniziatica. Si percorre in questo modo tutta la Via iniziatica, al termine della quale vi è il segreto iniziatico, che è ineffabile e incomunicabile.
Guénon si occupa di Massoneria perché, come egli stesso afferma, nel mondo occidentale tra le organizzazioni iniziatiche che possono rivendicare una filiazione tradizionale autentica vi è la Massoneria, caratterizzata da metodi particolari, simbolici e rituali.
Guénon, mentre da una parte riconosce alla Massoneria una filiazione autentica, dall’altra individua in essa i pericoli di una completa degenerazione dei principi metafisici.
All’origine della tradizione massonica, egli afferma, vi è proprio la metafisica, la quale viene intesa come «Gnosi perfetta», la «Conoscenza integrale» (il Paradiso celeste). Da qui, in seguito a un processo di degenerazione e di oscuramento spirituale, si è avuta una caduta «verticale» nello stato primordiale (il Paradiso terrestre o Centro del Mondo). La degenerazione spirituale continua con la perdita dello stato primordiale, e così, di tappa in tappa e progressivamente, la Massoneria si è allontanata sempre più dalla Conoscenza integrale, fino a raggiungere lo stato attuale di crisi. Guénon qui applica, per esprimere il processo di oscuramento spirituale, la distinzione «non-umano»/«umano», a cui corrisponde la dualità «verticale»/«orizzontale». Possiamo dire, in altri termini, che la tradizione massonica si è gradualmente ma incessantemente allontanata dalla tradizione primordiale. Nel passaggio da uno stato all’altro si è avuta una «perdita», a cominciare con la perdita della Gnosi perfetta (stato tipico del «non-umano») a cui fa seguito la perdita dello stato primordiale. A ciò che era andato perduto si sostituì qualche cosa che doveva rimediarvi, la quale, a sua volta, venne smarrita, rendendo così necessarie altre sostituzioni. E così via fino ad arrivare ai nostri giorni. In questo processo di perdite ripetute la tradizione non si è mai interrotta: in tutte le epoche sono sempre esistiti Grandi Iniziati che hanno trasmesso ad altri Iniziati le Verità di cui essi erano depositari. In tal modo, la tradizione iniziatica esoterica non ha subito interruzioni o salti. Diversa è, invece, la situazione delle tradizioni essoteriche (profane), per le quali si è avuta una perdita irrimediabile delle verità metafisiche, per cui, nel ciclo attuale dell’umanità, non vi è speranza di poterle riacquisire.
La Massoneria, pertanto, ha il compito fondamentale di ripercorrere a ritroso questo percorso di oscuramento spirituale, per ritornare, passando attraverso numerose tappe, allo stato primordiale (percorso orizzontale), e da qui innalzarsi fino alla Gnosi perfetta (percorso verticale). Questo cammino a ritroso è appunto la Via iniziatica, la quale, in Massoneria, assume forme e modalità particolari.
Dopo aver delineato rigorosamente l’ambito di ciò che è massonico, Guénon ne formula i princìpi, riprendendo e applicando al caso particolare le nozioni già delineate nella sua concezione iniziatica generale.
Una prima caratteristica della Via iniziatica è data dall’attuazione in essa sia dei «piccoli misteri», che riportano il massone allo stato primordiale (percorso orizzontale), sia dei «grandi misteri», che lo innalzano fino alla Gnosi perfetta (percorso verticale). Tutti i massoni, al momento della loro iniziazione, si pongono nella stessa linea di partenza, ma sono pochi gli eletti (i Grandi Iniziati) che riescono a raggiungere la Gnosi perfetta. Tutti gli altri si collocano in diversi punti della via iniziatica, sulla base dei loro tratti soggettivi e della loro capacità di rapportarsi ai principi metafisici.
Un’altra caratteristica consiste nei gradi iniziatici. Ciò significa che ogni iniziazione poggia necessariamente su molte fasi successive, alle quali corrispondono altrettanti gradi. Guénon è convinto che tutte queste fasi possono e devono sempre essere ricondotte ai tre gradi dell’Ordine (Apprendista, Compagno e Maestro), che corrispondono alla triplice missione dei Massoni, consistente nel ricercare prima, per poi possedere e infine diffondere la Luce.
Grandissima è l’importanza attribuita da Guénon al simbolismo, il quale non solo ha un’origine divina, ma svolge anche la funzione di mettere in comunicazione gli stati umani con gli stati non-umani e metafisici.
Il pensiero di Guénon presenta un nucleo centrale abbastanza chiaro e definito e un insieme di aspetti che denotano lacune, ambiguità e genericità. Qualsiasi giudizio su di esso deve tener conto del quadro globale di riferimento, altrimenti si corre il rischio di cadere in equivoci e fraintendimenti. È questo il principale errore in cui incorrono alcuni seguaci di Guénon in ambito massonico, i quali, considerando parzialmente la sua opera, contribuiscono a renderla ancora più difficile e oscura. Difatti in Massoneria vi è chi, dopo aver aderito alla concezione mistica di Guénon, sostiene: a) la Massoneria non è filosofia, e b) la Massoneria è un metodo. Poiché queste posizioni discendono da un’interpretazione riduttiva del pensiero di Guénon, a esse dedico le riflessioni che seguono.
Alla dichiarazione che «la Massoneria non è filosofia» si può arrivare partendo da due punti di vista differenti. Il primo si può così esprimere: poiché la Via iniziatica è data da ciò che l’uomo di fatto esperisce soggettivamente, la Massoneria non è filosofia. Sono perfettamente d’accordo: l’esperienza non è filosofia. L’esperienza e la filosofia (che è una riflessione sull’esperienza) si trovano su due piani distinti, ma sono anche strettamente connessi. Chi sostiene la suddetta opinione riesce a vedere solo il piano dell’esperienza e non si rende conto che dell’esperienza si può parlare solo attraverso il linguaggio (i dati dell’esperienza non parlano da sé). Negare il linguaggio (e la filosofia che ne è una forma di espressione) equivale a rinunciare a parlare dell’esperienza. Se per realtà intendiamo, nello specifico massonico, la Via iniziatica, allora un modo di parlarne è quello filosofico, ed è questo il modo che lo stesso Guénon privilegia. Nei suoi scritti, infatti, non solo entrano certe dottrine filosofiche, ma entra anche e soprattutto lo stesso linguaggio filosofico, che egli usa per esprimere la propria concezione iniziatica. Disconoscere alla Massoneria un fondamento filosofico significa negare la possibilità di parlarne. In questo errore si incorre considerando l’opera di Guénon non nel suo complesso ma solo parzialmente, ossia negando validità al piano ideale e filosofico.
A questo fraintendimento dell’opera di Guénon si arriva anche per altra via, la quale, come la precedente, è incapace di coglierla nella sua generalità. Tale posizione si può così riassumere: il fondamento vero e autentico della Massoneria è quello metafisico (espressione dell’intuizione e della conoscenza sopra-razionale); poiché la filosofia (espressione della ragione discorsiva) è una degenerazione della conoscenza metafisica, essa non può caratterizzare la vera concezione della Massoneria, che è metafisica. Chi sostiene questa opinione si ispira alla distinzione di Guénon tra «non-umano» e «umano», e attribuisce alla Massoneria unicamente le caratteristiche del «non-umano» (quali le verità eterne e immutabili), mentre giudica assolutamente negative le caratteristiche dell’«umano» (quali la ragione e la filosofia). Anche qui il pensiero di Guénon viene frainteso. È vero che egli parla dell’«umano» (e quindi della filosofia) come degenerazione del «non-umano», però egli non pensa che l’«umano» sia assolutamente negativo, come fanno, invece, certi suoi interpreti. Guénon, in verità, considera l’«umano» (con tutte le sue specificazioni) come condizione necessaria per ritornare al «non-umano»: non potrà mai esservi riacquisizione delle verità eterne della metafisica (percorso verticale caratterizzato dai grandi misteri) se prima l’iniziato non abbia già percorso la via «umana» (percorso orizzontale caratterizzato dai piccoli misteri). Pertanto, la filosofia, la ragione, la storia e la scienza, in quanto rappresentazioni dell’«umano», hanno un valore positivo. Nella concezione di Guénon la Massoneria è fondata sia sul «non- umano» sia sull’«umano», anche se quest’ultimo si trova in una posizione inferiore e subordinata al primo.
Dai suddetti errori interpretativi discende anche un giudizio negativo sui libri che si propongono di parlare filosoficamente della Massoneria: essi sarebbero umani, anzi troppo umani. Chi afferma ciò vorrebbe che i veri libri sulla Massoneria parlassero del «non-umano». Ma è ciò possibile? Se il «non-umano» è caratterizzato dal segreto iniziatico che è, per sua natura, ineffabile e incomunicabile, allora nessun libro ne può parlare. Neanche Guénon è riuscito a scrivere libri sul «non-umano», e non vi è riuscito per la semplice ragione che nessun uomo è in grado di scrivere libri di questo genere. Non solo il massone appena iniziato, ma neanche il Grande Iniziato che è arrivato al cospetto della Gnosi perfetta, poiché essa non è esprimibile e comunicabile. I libri di Guénon sono, perciò, libri «umani» che usano la filosofia e la ragione discorsiva, esattamente nello stesso modo in cui io sto scrivendo questa “Lezione di Massoneria”. Delle Verità assolute della Gnosi perfetta nessuno può parlare, neanche Guénon, perché intorno a esse vi è (e vi può essere soltanto) silenzio.
Un altro errore in cui incorrono certi interpreti e seguaci di Guénon consiste nel definire la Massoneria esclusivamente come “metodo”. Anche in questo caso l’opera di Guénon viene considerata non nel suo complesso, ma solo parzialmente. Questa posizione si può così riassumere: il massone, dopo aver ricevuto l’iniziazione, viene avviato sulla Via iniziatica, che egli percorre secondo le proprie possibilità soggettive; poiché questa Via viene esperita, ossia vissuta soggettivamente ed effettivamente, la Massoneria ha solo il compito di insegnare a percorrerla. Poiché tale insegnamento consta di un insieme di prescrizioni, la Massoneria è un “metodo”. Chi sostiene questa posizione non si rende conto che la Via iniziatica non è fine in sé, ma che, invece, è proiettata verso la conoscenza delle verità eterne della metafisica e che è proprio la metafisica che conferisce un senso al metodo iniziatico. Prescindendo, perciò, dalla metafisica si opera l’assolutizzazione del metodo, ossia si ritiene che il metodo, e solo il metodo, possa fornire al massone tutto ciò di cui ha bisogno per percorrere la Via iniziatica. È evidente che, da parte di tali interpreti riduttivi, vi è la difficoltà a intendere correttamente la natura e la funzione del metodo, il quale, per dirla con Wittgenstein, è come una scala che, dopo l’uso, può essere gettata. Con ciò s’intende sottolineare il carattere strumentale del metodo: il metodo (la “scala”) viene costruito per pervenire alla conoscenza di qualche cosa: il mondo esterno, gli stati mentali, la Gnosi perfetta, etc. Anzi è proprio il tipo di conoscenza a cui si vuole pervenire che costituisce il criterio mediante il quale costruire il metodo.
Così, ad esempio, il metodo scientifico nasce dall’esigenza di indagare il mondo esterno partendo da una certa nozione di scienza (quella elaborata da Galileo, che si basa sia sulle «sensate esperienze» sia sulle «necessarie dimostrazioni»), senza la quale quel particolare metodo non avrebbe senso. Lo stesso discorso vale per il metodo massonico, che può essere praticato solo a condizione di sapere a quale concezione della Massoneria ci si ispira. Per quanto riguarda Guénon, non vi sono dubbi: poiché la Via iniziatica deve tendere verso la metafisica, è proprio la metafisica che costituisce il fondamento su cui costruire il metodo massonico. Per ritornare alla metafora della scala, diciamo che essa deve essere necessariamente appoggiata a qualche cosa (a un muro, a un albero, alla metafisica, etc.). Senza tale appoggio essa non starebbe in piedi. Quei massoni che definiscono la Massoneria semplicemente come metodo pretendono di tenere la scala in piedi senza alcun appoggio. Nessuno vi è mai riuscito.
I risultati a cui siamo fin qui pervenuti consentono di stabilire un confronto fra la concezione della Massoneria delineata da Guénon e la concezione della Massoneria così come si è venuta formando nei suoi recenti sviluppi (dal 1717 ai giorni nostri), sulla base di Costituzioni e “Dichiarazioni” su cui ho costruito l’antropologia filosofica della Massoneria. Farò tale raffronto denominando «metafisica» la concezione di Guénon e «regolativista» quella da me proposta:
La ragione principale per cui la concezione di Guénon non è accettabile in Massoneria riguarda la svalutazione degli eventi storici autonomi a favore dell’interpretazione metafisica. La Massoneria, come il Cristianesimo, è immersa nella storia e dalla storia trae i valori da far assurgere a principi del perfezionamento etico. I grandi eventi storici hanno per la Massoneria un significato in sé, in quanto portatori di valori universali. Per la concezione della Massoneria di Guénon tutto ciò è privo di significato: l’unico significato a cui egli riconosce validità è quello che va oltre i fatti storici autonomi e che costituisce appunto l’interpretazione metafisica.
Il sostenere che l’«umano» prevale sul «non-umano» non significa condividere una concezione basata su un immanentismo di tipo materialistico e ateistico, poiché l’«umano» è orientato dal trascendente che rappresenta l’orizzonte entro cui viene conferito senso alle azioni morali dell’uomo. È proprio il trascendente che giustifica e fonda la morale, come ho sostenuto nelle Lezioni precedenti.
Il modo di concepire il rapporto tra mondo profano e mondo iniziatico, intesi separatamente, porta Guénon ad esigere dall’uomo un atteggiamento del tutto innaturale. L’uomo nasce nel mondo profano e riceve da esso la sua educazione, dall’infanzia agli stadi successivi fino all’età matura. È il mondo profano che, fin dai primissimi istanti della sua esistenza, penetra nella sua coscienza e la plasma. Come è possibile, perciò, separarsene completamente? Questa richiesta è umanamente irrealizzabile: chi volesse attuarla dovrebbe uscire dalla profanità pur continuando a vivere in essa. Si ripresenta qui, sia pure sotto altre spoglie, il paradosso del misticismo. La concezione regolativista, per tutte le ragioni che la giustificano, rifiuta tale separazione e getta, perciò, un ponte tra il mondo profano e il mondo iniziatico. L’uomo nasce profano e diventa iniziato, sviluppando al massimo le sue qualità positive (la bontà, la giustizia, la tolleranza, la solidarietà, etc.) che esistono già nel mondo profano. La Massoneria ha, perciò, come ho già messo in evidenza, una parte profana, costituita dalle nozioni fondamentali di libertà, tolleranza, fratellanza e trascendenza, e una parte specifica, costituita dal segreto iniziatico. È solo così che il massone, perfezionando se stesso, può anche migliorare l’umanità.
Ci troviamo di fronte a due concezioni della Massoneria. Qual è quella vera? Sul piano ideale entrambe possono avanzare la pretesa di essere vere, poiché ogni concezione dell’uomo (antropologia filosofica), esprimendo un particolare punto di vista sull’uomo, è vera. Solo scegliendo e adottando un particolare punto di vista, possiamo formulare un giudizio di verità, di opportunità, di utilità, o altro. Così, se definiamo la Massoneria come quella concezione fondata sull’interpretazione metafisica che sta al di là del fatto storico, allora la proposta di Guénon è senza dubbio vera e, conseguentemente, quella regolativista è falsa. Se, invece, fondiamo la Massoneria sull’autonomia dei fatti storici e sui documenti ufficiali (quali le Costituzioni, le “Dichiarazioni”, etc.) che il suo pensiero ha elaborato, allora la Massoneria regolativista è vera e, conseguentemente, quella metafisica di Guénon è falsa.
Le due concezioni della Massoneria sono integrabili? Secondo la mia tesi del “regolativismo non esclusivo”, la concezione regolativista, esprimendo il requisito minimale necessario di appartenenza alla Massoneria, può essere integrata anche con altre concezioni. Sulla base di questa tesi filosofica abbiamo potuto sostenere che il massone può integrare il suo ideale etico con la fede di una religione. Lo stesso discorso vale anche per la concezione metafisica di Guénon? Prima di rispondere, dobbiamo riformulare il quesito in generale: il requisito minimale di appartenenza alla Massoneria è integrabile con qualsiasi altra cosa? Oppure l’integrabilità è possibile solo soddisfacendo certe condizioni? È mia convinzione che l’integrabilità non sia possibile in generale, ma solo a certe condizioni particolari. Da ciò discende che la concezione regolativista della Massoneria è integrabile solo con altre concezioni che ne soddisfino le condizioni di integrabilità. La più importante condizione riguarda il fondamento comune: la concezione regolativista è integrabile con un’altra concezione se, e solo se, esiste tra le due concezioni un fondamento comune. Il confronto tra la concezione regolativista e quella metafisica di Guénon ha mostrato chiaramente che tra di esse non esiste un solo punto in comune: esse sono, invece, indipendenti e alternative. Non è possibile, quindi, integrare l’una con l’altra. Il massone dovrà fare, coerentemente, una scelta a favore dell’una o dell’altra. Se egli cercasse, nonostante tutto, di combinare le due concezioni, prendendo un po’ dall’una e un po’ dall’altra, creerebbe la più assurda confusione, e la Massoneria sarebbe tutto e il contrario di tutto. L’integrazione del requisito minimale di appartenenza alla Massoneria è, viceversa, possibile con le religioni, poiché la Massoneria regolativista e le religioni si trovano a condividere, sia pure parzialmente, alcuni elementi fondamentali, come, ad esempio, l’importanza attribuita alla storia e alla morale.
4 commenti
Ho letto il tuo articolo e sono andato su Wikipedia a leggermi René Guenon, che ignoravo.
Ho trovato l’argomento assai interessante, anche perché, dopo i normali studi di filosofia dai Padri Domenicani di Bologna, mi sono posto alcuni interrogativi. Ad es., dove traevano la religiosità gli uomini primitivi, che quelli attuali sembrano aver perso completamente? La risposta non è stata facile. Intanto ho capito che sulla filosofia di Kant, prima, e di Hegel poi, la distruzione della metafisica non era affatto giustificata ed in particolar modo con il metodo logicista. Infatti Kant, seppure in buona fede, basa tutta la sua ricerca su un tipo di logica, quella Trascendentale, che in realtà non costruisce nulla. Hegel segue le orme di Kant con la sua Dialettica, che in fin dei conti non dimostra nulla. Poi per caso ho trovato la domanda di Leibniz: – “Perché c’è qualcosa piuttosto che il nulla?”, che mi ha rimesso sulla strada giusta. Infatti l’essere è il limite angusto entro cui può operare l’uomo. Se poi ci domanda cosa c’è a fianco, aldilà o sopra l’essere, ecco che si trova la spiegazione alla religiosità, che è un’intuizione che fa capire le ristrettezze di ogni conoscenza umana. Ci si provi a chiedere, anche se non è obbligatorio credere in Dio, come potrebbe essere! Che linguaggio parla? ha un pensiero? Per cui io sono di fronte a questo mistero, davvero ineffabile, che non potrò mai negare, ma di cui non sono in grado di dire alcunché. Mi fermo qui. Ciao e a presto.
Caro Prof. Di Bernardo, per il poco che vale il mio parere, sono d’accordo con Lei. Io, da geometra terra terra, direi che la Massoneria è una cosa semplice diretta potenzialmente a tutti, dato che nessun uomo può considerarsi escluso dal processo evolutivo. Nessun uomo e nessun patrimonio genetico, quindi non ci sono esclusioni nemmeno in prospettiva. Guénon secondo me appaga il desiderio di coloro che vogliono sentirsi avanti agli altri e che pensano che basta fare la domandina in Massoneria per sopravanzare quasi tutti.
Sapete perché è così alto il numero dei fratelli appassionati alla magia, a Guenon, a Evola, a Levy, alle scuole iniziatiche dell’antichità e al resto dell’empireo? Perché essere massoni rappresenta un impegno che l’attenzione esclusiva all’empireo consente di saltare, per passare direttamente a non fare niente. Diciamo che siamo sempre apprendisti ma non ci crediamo davvero, perché l’apprendista ha i piedi ben piantati a terra, è guidato dalla ragione ed opera sulla materia, invece a noi piace chiacchierare, criticare, escludere il più possibile gli altri da modelli fantastici che, seppure possono avere un valore per noi stessi, certo non possono essere il metro per giudicare il lavoro degli altri. Il lavoro degli altri si giudica dai risultati visibili e misurabili, nell’empireo si può giudicare solo il proprio di lavoro. Questo per dire che La Massoneria prima di tutto è amicizia e reciproco sostegno e, parliamoci chiaro e cerchiamo di uscire dall’ambiguità, i percorsi individuali e solitari o si conciliano con amicizia e reciproco sostegno o ne sono fuori. Essa è una cosa semplice adatta a tutti (quasi) che non insegna a camminare sull’acqua, ma a provare a vivere in armonia col resto dell’universo e ci dà la possibilità di impegnarci per lasciare il mondo un po’ meglio di come l’abbiamo trovato. È il luogo di coloro che vogliono partecipare a pieno titolo, in piena consapevolezza ed insieme agli altri, all’evoluzione dell’umanità. Dell’umanità dei giorni presenti.
Mi piacerebbe discutere se la Massoneria sia o debba essere una comunità aperta, seppure con filtri all’ingresso, utile alla società perché avamposto di formazione e di progresso. Oppure se sia o debba essere una comunità chiusa di persone che la sanno lunga e che in forza del gruppo occupano o tendono ad occupare gli spazi e i posti migliori nella società profana. Oppure, ancora, se essa sia o debba essere una comunità che si presenta come la prima ipotesi ma, in fondo, appartenga alla seconda. Per come la vedo io non ho dubbi che la Massoneria debba essere una comunità aperta che dialoga con la società profana a pieno titolo, essendo il crogiuolo del progresso umano. Nello stesso tempo però penso che le persone che “la sanno lunga”, cioè quelle della seconda ipotesi, le abbiano conferito e le conferiscono la forza necessaria per sopravvivere. Allora torniamo al solito dilemma: che fare? Come equilibrare e far convivere Saggezza e Bellezza (che si potrebbe ipotizzare essere presenti nella prima ipotesi) con la Forza della seconda ipotesi? Pensandoci bene la Bellezza dovrebbe essere presente nella prima ipotesi, la Forza nella seconda e la Saggezza dovrebbe, invece, risiedere nella capacità di farle convivere 😃