GIUSTIZIA MASSONICA O GIUSTIZIA PROFANA?
di Giuliano Di Bernardo
Per essere costituiti massoni è necessario soddisfare i seguenti tre requisiti essenziali: 1) Accettare l’autorità che istituisce tali; 2) Condividere l’antropologia massonica; 3) Prestare un impegno solenne sul segreto iniziatico. Da tali requisiti seguono obblighi e ordinamenti particolari, che regolano il modo attraverso il quale questi vanno storicamente soddisfatti e che rappresentano la codificazione, anche formale, della società massonica. Tale complesso di ordinamenti e obblighi trova espressione nelle cosiddette Costituzioni massoniche.
Modernamente, le Costituzioni fondamentali della Massoneria sono state date da James Anderson nel 1723 (successivamente modificate dallo stesso Anderson nel 1738). Ulteriori variazioni ufficiali di tali Costituzioni non sono state apportate, anche se molteplici ne sono state le interpretazioni ed applicazioni in dipendenza sia di mutamenti storici sia politici. Il problema del loro mutamento (e dell’eventuale codificazione ufficiale di tale mutamento) si pone, però, in ogni caso, sia dal punto di vista teorico sia pratico. Per quanto riguarda il primo punto di vista, infatti, è chiaro che le Costituzioni vanno modificate nella misura in cui variano l’autorità costituente, i principi dell’antropologia filosofica massonica e le modalità dell’impegno solenne. Eppure, tutte queste varianti sono maggiormente imputabili ai condizionamenti storici di cui la Massoneria ha risentito che a un reale processo di trasformazione dei suoi principi costitutivi. L’ambito, in relazione al quale si può forse parlare di trasformazione più profonda, è, come cercherò di mostrare tra poco, quello antropologico. Rifacendomi, infatti, alle Costituzioni di Anderson, esibirò come esse rappresentino il momento della codifica ufficiale del pensiero deistico ed esprimano, perciò, il momento iniziale di quell’orientamento che portò la Massoneria a una accettazione, più o meno consapevole, di un immanentismo naturalistico.
Date le profonde trasformazioni avvenute in seno alla Massoneria circa la concezione dell’Essere Supremo a partire dall’Atto di Unione del 1813, cercherò di mostrare come una revisione delle Costituzioni su questo punto sia essenziale. Allo stesso tempo, la rivisitazione delle Costituzioni di Anderson sarà occasione per mettere in luce come, malgrado tali modifiche, l’evoluzione della Massoneria vada più nel senso di una chiarificazione concettuale dei suoi principi, che non in quello di un trasformismo dettato dall’opportunità e dal condizionamento storico.
Esaminiamo, dunque, le Costituzioni di Anderson nelle loro origini e nei principi fondamentali.
Il 20 settembre 1721, la Gran Loggia di Londra incarica James Anderson di riformulare le antiche Constitutions. Prima di allora ogni Loggia aveva le proprie Costituzioni che ne esprimevano le massime fondamentali. Esistevano anche manoscritti, alcuni dei quali di data molto antica. Il Gran Maestro, duca di Montagu, fa esaminare il lavoro di Anderson da quattordici fratelli, i quali lo approvano con qualche lieve modifica. Il 17 gennaio 1723, la Gran Loggia ne ordina la pubblicazione e il libro appare con il titolo The Constitutions of free-masons, containing the history, charges, regulations etc., of that most ancient and right worshipful fraternity (Le Costituzioni dei liberi muratori contenenti la storia, i doveri, i regolamenti ecc., di quella più antica e molto venerabile fratellanza). Il compendio storico e gli antichi doveri sono opera di Anderson, mentre le regole generali sono compilate da George Payne e da altri due dignitari.
È opportuno osservare che le Costituzioni di Anderson vengono emanate dalla Gran Loggia, ossia da un’autorità che si eleva al di sopra delle singole Logge. L’idea di creare una Gran Loggia, il cui compito fosse quello di giudicare della regolarità e della costituzione delle Logge, sembra sia nata per evitare il pericolo, rappresentato dall’ammissione nelle Logge di fratelli «accettati», di snaturare lo spirito e la tradizione della Massoneria. In ogni caso, la istituzione della Gran Loggia segna un evento che nasce con la Massoneria moderna e ne costituisce, ancora oggi, uno degli aspetti più importanti.
Indubbiamente, l’esistenza di una Gran Loggia limita l’autonomia delle singole Logge, almeno nella misura in cui esse vengono regolamentate (al limite, demolite se non rispondenti ai criteri di regolarità formulati dalla Gran Loggia attraverso le Costituzioni e i Rituali). D’altra parte, l’idea di Gran Loggia è tanto penetrata nella tradizione massonica degli ultimi duecento anni che sembra impossibile poterne fare a meno.
Il capitolo intitolato «I doveri di un libero muratore» è costituito dai seguenti Titoli Generali: 1) Di dio e della Religione; 2) Del Magistrato civile supremo e subordinato; 3) Delle Logge; 4) Dei Maestri; Sorveglianti, Compagni e Apprendisti; 5) Della condotta dell’Arte nel lavoro; 6) Del comportamento. Di questi titoli assumono particolare rilievo, per il prosieguo del lavoro, il primo, il secondo e il sesto.
Il primo Dovere di Anderson, infatti, così recita:
Un massone è tenuto, per la sua condizione, ad obbedire alla legge morale, e se egli intende rettamente l’Arte non sarà mai un ateo stupido, né un libertino irreligioso. Ma sebbene nei tempi antichi i massoni fossero obbligati in ogni Paese ad essere della religione di tale Paese o Nazione, quale essa fosse, oggi peraltro si reputa più conveniente obbligarli soltanto a quella religione nella quale tutti gli uomini sono d’accordo, lasciando ad essi le loro particolari opinioni, ossia essere uomini buoni e sinceri o uomini d’onore e d’onestà, quali che siano le denominazioni o le persuasioni che li possono distinguere, per cui la Massoneria diviene il Centro di Unione, e il mezzo per conciliare sincera amicizia fra persone che sarebbero rimaste perpetuamente distanti.
In questo Dovere è contenuta l’espressione «tuttavia si pensa ora che sia più opportuno obbligarli (i massoni) soltanto a quella religione nella quale tutti gli uomini sono d’accordo, lasciando ad essi le loro particolari opinioni», che rappresenta il principio fondamentale del deismo a cui Anderson si ispira.
Non deve, pertanto, sorprendere se alla Gran Loggia di Londra, che emana le Costituzioni, viene rivolta l’accusa di irreligiosità. Per evitare polemiche su questo punto e su alcuni altri, la Gran Loggia, seguendo l’esempio della Società Reale, proibisce tutte le discussioni di religione o di politica ed emana il sesto Dovere. Ma tale proibizione non riesce ad evitare una profonda spaccatura nella Massoneria inglese, con la conseguenza che ai Moderns si oppongono gli Antients e, accanto alla Gran Loggia di Londra, sorge la Gran Loggia d’Inghilterra. Alla radice di tale frattura tra i massoni inglesi vi è, dunque, il deismo, ossia un modo particolare di concepire la religione non condiviso da tutti. La Gran Loggia di Londra, nell’ispirarsi al deismo, si è schierata contro il dogmatismo delle Chiese, affermando che la religione non può più servire a dividere gli uomini, ponendogli gli uni contro gli altri come nemici irriconciliabili. In tal modo essa ha svolto un ruolo importante e positivo, che ha fatto della Massoneria moderna l’elemento propulsore degli intelletti più illuminati del diciottesimo secolo. D’altro canto, le critiche degli Antients contenevano una profonda verità, consistente nel principio di “trascendenza”, verità che è prevalsa solo nel diciannovesimo secolo (a partire dall’Atto di Unione del 1813), dando al pensiero massonico un assetto che lo caratterizza ancor oggi.
Il secondo Dovere afferma:
Un massone è un pacifico suddito dei Poteri Civili, ovunque egli risieda o lavori e non deve mai essere coinvolto nei complotti e cospirazioni contro la pace e il benessere della nazione, né condursi indebitamente verso i magistrati inferiori, poiché la Massoneria è stata sempre danneggiata da guerre, massacri e disordini, così gli antichi Re e Principi sono stati assai disposti ad incoraggiare gli uomini dell’Arte, a causa della loro tranquillità e lealtà, per cui essi praticamente risposero ai cavilli dei loro avversari e promossero l’onore della fraternità che sempre fiorì nei tempi di pace. Giacché se un fratello divenisse un ribelle contro lo Stato, egli non dovrebbe essere favorito nella sua ribellione, ma piuttosto compianto come uomo infelice, e, se non convinto di altro delitto, sebbene la leale fratellanza possa e debba sconfessare la sua ribellione e non dare ombra o base per la gelosia politica del governo in essere, egli non può venir espulso dalla Loggia e il suo vincolo rimane irrevocabile.
Questo Dovere contiene un’affermazione di principio, ossia che «il massone è un pacifico suddito dei Poteri civili» e una clausola in base alla quale «se un fratello fosse ribelle, egli non può, finché non sia dimostrato colpevole di altro crimine, essere espulso dalla Loggia». Tale clausola è l’espressione di un compromesso tra due tendenze opposte all’interno della Massoneria inglese: da una parte, molti massoni erano favorevoli alla famiglia reale di Hanover, di cui il primo rappresentante, Giorgio I, salito sul trono nel 1716, incarnava la reazione in politica e in religione, mentre, dall’altra, numerosi massoni esprimevano l’elemento giacobita e innovatore. È chiaro, quindi, il riferimento ai fratelli ribelli e giacobiti che, oltre tutto, si volevano tutelare. Anche qui, per evitare discussioni dannose all’Ordine, si vieta di parlare di politica e di religione, esattamente sulla base del sesto Dovere, il quale recita:
Perciò né ripicche o questioni personali possono essere introdotte entro le porte della Loggia, ancor meno qualsiasi questione inerente la religione o le Nazioni o la politica dello Stato, noi essendo soltanto, come Massoni, della summenzionata Religione Universale.
L’analisi dei suddetti Doveri mette in evidenza il fatto che la loro formulazione è condizionata anche dalle contingenze politiche e religiose oltre che da un’antropologia filosofica condivisa. Non v’è dubbio che tali contingenze politiche e religiose oggi non sono più attuali e che, perciò, s’impone la loro revisione.
Le Costituzioni di Anderson del 1723 vengono modificate dallo stesso Anderson nel 1738. Poiché il nuovo Libro delle Costituzioni presenta, rispetto al precedente, alcune modifiche sostanziali, ritengo opportuno confrontarlo non soltanto con quello del 1723, ma anche con un’interpretazione di quest’ultimo come risulta da un documento francese del 1735-36 (ms n. fm4 146, Bibliothèque Nationale). Anche in questo caso, il confronto sarà fatto solo sui Doveri 1, 2 e 6.
Per quanto riguarda il primo Dovere, concernente Dio e la religione, il passo da mettere a confronto è il seguente:
(A) Anderson 1723
«Un massone è tenuto, per la sua condizione, ad obbedire alla legge morale, e se egli intende rettamente l’Arte, non sarà mai un ateo stupido, né un libertino irreligioso».
(B) Anderson 1738
«Un massone è tenuto, per la sua condizione, ad osservare la legge morale, e se intende correttamente la Corporazione, non sarà mai un ateo stupido, né un libertino irreligioso, né agirà contro coscienza».
(C) Documento francese
«Un massone è obbligato, per il suo stato, a conformarsi alla morale, e se egli intende bene l’Arte non sarà mai un ateo, né un libertino senza religione».
Confronto di (A) con (C). Mentre nella dichiarazione di Anderson del 1723 si legge che «un massone… non sarà mai… un libertino irreligioso», nel Documento francese si afferma che «un massone… non sarà mai… un libertino senza religione». La differenza tra «il non essere irreligioso» e «il non essere senza religione» è notevole. Infatti, mentre l’irreligiosità è un atteggiamento che si assume verso la religione e può significare sia il fatto che si ha una religione (ma si è irreligiosi), sia il fatto che non si ha una religione (e si è irreligiosi), l’affermazione che non si può essere senza religione ha, invece, il significato che si deve avere (non si può non avere) una religione. Poiché, per la Massoneria di allora, una religione si dà ed è quella universale basata sulla ragione umana (deismo), il Documento francese esprime tale nozione con maggior precisione.
È da sottolineare, inoltre, che le Costituzioni di Anderson del 1738 (B) si differenziano sia da quelle precedenti sia dal Documento francese, poiché includono un’ulteriore condizione, consistente nel fatto che un massone non agirà contro coscienza. Le riflessioni che discendono da tale condizione aggiuntiva sono importanti, in quanto, dopo aver dichiarato la necessità di aderire a una religione universale, oggettiva, in cui possono convenire razionalmente tutti gli uomini, si introduce, con forza, l’elemento soggettivo della coscienza umana. Da un punto di vista filosofico, il senso globale che viene conferito alla religione aumenta enormemente, tuttavia il ricorso alla soggettività può creare equivoci e fraintendimenti. Infatti, si potrebbe ipotizzare il caso limite in cui la stessa oggettività della religione universale contrastasse con la coscienza del singolo soggetto, per cui, se è la coscienza che, in ultima istanza, decide, essa potrebbe anche decidere di rifiutare la religione oggettiva e universale. Questo caso, ipotizzabile sulla base delle stesse Costituzioni di Anderson, ha trovato concreta attuazione in Francia, quando il Grande Oriente ha deciso, proprio appellandosi alla coscienza dei singoli massoni, di rifiutare il Grande Architetto dell’Universo. È perlomeno strano, si può osservare, che tale rifiuto trovi origine proprio nelle Costituzioni dell’inglese Anderson…
Ma ritorniamo a queste Costituzioni, e consideriamo quella parte che riguarda i tre gradi simbolici, ossia quelli di Apprendista, Compagno e Maestro. Sembra che, prima della costituzione della Gran Loggia di Londra nel 1717 vi fossero uno o due gradi massonici (sull’esistenza e sulla natura del secondo grado gli storici non hanno raggiunto conclusioni certe e inequivocabili). In ogni modo, l’articolazione della Massoneria in tre gradi viene riconosciuta ufficialmente nel 1738, con la pubblicazione delle nuove Costituzioni di Anderson.
I tre gradi simbolici (Apprendista, Compagno, Maestro) esprimono l’idea che il processo di perfezionamento iniziatico si compie raggiungendo il grado di Maestro. Nessun altro grado è richiesto. Tuttavia, non tarda ad affermarsi l’esigenza di aggiungere altri gradi a quelli simbolici di base. La ragione principale di ciò, forse, sta nel fatto che l’accentuazione del carattere speculativo della Massoneria rende più complesso e maggiormente articolato il procedimento di perfezione iniziatica. Si afferma, in ogni caso, un profondo nesso di continuità fra i primi tre gradi simbolici, che costituiscono l’Ordine, e gli Alti Gradi, che costituiscono il Rito, o meglio i Riti, poiché numerosi e differenti sono i Riti che si sviluppano sull’unica base dell’Ordine. Tra questi, il più importante e il più diffuso nel mondo è il Rito Scozzese Antico e Accettato. Nel caratterizzare la natura, la struttura e le funzioni dei Riti, mi occuperò unicamente di questo Rito.
La costituzione degli Alti Gradi (o Riti) è stata attribuita ad André Michel Ramsay e risale intorno alla metà del XVIII secolo. Il Discorso di Ramsay è senza dubbio un documento fondamentale della Massoneria moderna. Si tratta del discorso che egli avrebbe dovuto pronunciare il 24 marzo 1737, nella sua qualità di Grande Oratore di una Loggia inglese in Francia. Esso è particolarmente importante perché contiene alcune idee in base alle quali si venne edificando anche il Rito Scozzese Antico e Accettato.
Il primo documento destinato a regolare l’attività del Rito Scozzese Antico e Accettato è dato dalle “Costituzioni e Regolamenti del 1762”, redatti da nove commissari nominati dal Sovrano del Sublime Gran Consiglio dei Sublimi Principi del Real Segreto, del Grande Oriente di Parigi e Berlino.
Il Discorso di Ramsay e i Regolamenti del 1762 preparano le “Grandi Costituzioni del 1786”, che portano il nome di Federico II re di Prussia, il quale accordò alla Massoneria una particolare protezione. A quel tempo, il Rito di Perfezione, da cui si svilupperà il Rito Scozzese Antico e Accettato, era composto da venticinque gradi, di cui quello di Principe del Real Segreto era l’ultimo. Progetti di innovazioni e discussioni occorsi in Germania nel 1782 fecero temere a Federico II che la Massoneria divenisse preda dell’anarchia di coloro che avrebbero potuto degradarla e operare la sua distruzione. Egli, perciò, concepì il proposito di concentrare il sovrano potere massonico, di cui era investito, in un Consiglio di Grandi Ispettori Generali, che, dopo il suo decesso, potesse regolare, in conformità alla Costituzione e agli Statuti, il governo dell’Alta Massoneria. Il 1° maggio 1786 egli portò a trentatré gradi la gerarchia del Rito Scozzese Antico e Accettato, che allora era limitata a venticinque. Diede al trentatreesimo grado la denominazione di “Potente e Sovrano Grande Ispettore Generale”. Il potere attribuito a questo Grado, destinato a governare il Rito, fu concentrato in un Sovrano Capitolo con il nome e il titolo di “Supremo Consiglio dei Sovrani Grandi Ispettori Generali”, trentatreesimo e ultimo grado del Rito. Il Rito Scozzese Antico e Accettato presenta ancora oggi, in tutto il mondo, l’assetto conferitogli da queste Costituzioni.
Circa l’autenticità dei Regolamenti del 1762 e delle Grandi Costituzioni del 1786 esistono molti ragionevoli dubbi. Tuttavia, anche se le Costituzioni del 1786 non sono state firmate da Federico II a Berlino, non v’è dubbio che esse rispecchiano compiutamente la sua personalità e l’ambiente culturale che lo circondava.
Le Grandi Costituzioni del 1786 preparano la nascita del primo Supremo Consiglio del mondo. J. Mitchell e F. Dalcho, entrambi Grandi Ispettori Generali delegati, il 31 dicembre del 1801, fondano a Charleston, Sud Carolina, un Supremo Consiglio il cui primo atto consiste nell’emanazione di una Circolare che annuncia la propria costituzione, e che assume le Grandi Costituzioni del 1786 come legge originaria che regola la propria esistenza e il proprio potere.
Albert Pike, nel suo libro Morals and Dogma, rielabora i diversi Rituali di tutti i gradi del Rito Scozzese, fornendo così un’opera che ancora oggi è un punto di riferimento essenziale per comprensione del Rito Scozzese Antico e Accettato.
Il Supremo Consiglio di Charleston, il 21 febbraio del 1802, conferisce al conte A. F. de Grasse-Tilly la Patente di Sovrano Grande Ispettore Generale e lo proclama Gran Commendatore del Supremo Consiglio delle Isole Indiane Occidentali Francesi.
Dotato del potere di costituire altri Supremi Consigli nel mondo, egli crea, nello stesso anno, il Supremo Consiglio di Francia, e successivamente, nel 1805 il Supremo Consiglio d’Italia, nel 1809 il Supremo Consiglio di Spagna e nel 1817 il Supremo Consiglio del Belgio.
I sostenitori degli Alti Gradi ritengono che il processo di perfezione iniziatica del massone debba compiersi passando da un grado a quello superiore fino ad arrivare al più alto, il XXXIII. È la nozione di «pietra grezza» che qui viene ripresa. Colui il quale riceve l’iniziazione massonica è come una pietra grezza che deve essere levigata. La levigazione consiste nel paziente lavoro tra le colonne del Tempio dove vengono svelati i segreti per acquisire nuove conoscenze. Il massone che abbia dato prova d’aver appreso le conoscenze del grado a cui appartiene (di aver saputo levigare la sua pietra grezza) viene proposto, dalle Luci del Tempio, per il passaggio a un grado successivo e superiore. E così, di grado in grado. L’aspirazione di ogni massone scozzese è quella di pervenire al vertice della piramide, ossia al XXXIII grado, ma sono pochi coloro i quali riescono in questa impresa. Il processo di perfezione iniziatica, che si compie nel passaggio da un grado a un altro immediatamente superiore, è cumulativo, nello stesso modo in cui è continua la levigazione della pietra grezza. Il massone che risale tutti i gradi della piramide iniziatica raggiunge la perfezione (gli viene rivelato il Sublime Segreto).
Possiamo tirare, a questo punto, le conclusioni del nostro discorso sulle Costituzioni e sul significato di una loro possibile modifica. Un cambiamento radicale delle Costituzioni negli aspetti fondamentali che caratterizzano la struttura gerarchica dei gradi dell’Ordine, le forme rituali concernenti il segreto iniziatico e gli elementi costitutivi dell’antropologia filosofica non è operabile, pena la distruzione di qualche pilastro essenziale del pensiero massonico. Ciononostante, una modifica delle Costituzioni è auspicabile là dove è rintracciabile qualche discrepanza tra il contenuto formalizzato nelle Costituzioni e il pensiero massonico che storicamente si è imposto sino ad essere codificato in autorevoli documenti delle Gran Logge. Un chiaro esempio di ciò è dato dal contenuto deistico del primo e sesto Dovere di Anderson, che risulta apertamente in contrasto con la posizione che la Massoneria ha assunto in materia di religione a partire dall’Atto di Unione del 1813. Non va dimenticato, inoltre, che determinate prescrizioni o ordinamenti previsti nelle Costituzioni sono chiaramente legati al contesto storico, politico e sociale del tempo in cui sono stati scritti. Di conseguenza, in rapporto ad essi, non solo è legittima, ma s’impone una revisione.
La prima e fondamentale revisione riguarda il secondo Dovere di Anderson, il quale contiene l’affermazione che «un massone è un pacifico suddito dei Poteri Civili, ovunque egli risieda o lavori, e non deve mai essere coinvolto nei complotti e cospirazioni contro la pace e il benessere della nazione». Poiché questa dichiarazione è stata fonte di equivoci, occorre esplicitarla. Va detto, in primo luogo, che essa viene formulata all’interno di un particolare contesto storico, che è quello caratterizzato dal dissidio, in Inghilterra, tra la famiglia reale degli Hanover, da una parte, e i sostenitori di Giacomo Francesco Edoardo Stuart, chiamato Giacomo III dai giacobiti, dall’altra. Poiché nelle Logge inglesi vi erano fautori dell’una e dell’altra fazione, si è cercato di evitare conflitti tutelando gli uni e gli altri.
Il quesito che si pone, a questo proposito, è il seguente: la suddetta dichiarazione, intesa come espressione di contingenze storiche particolari, può essere generalizzata? Ossia, si può supporre che essa sia valida anche per tutte le differenti situazioni storiche, nel presente e nel futuro? Può essa, in altri termini, costituire un principio generale senza eccezione alcuna? Se si ammettesse la sua validità incondizionata, si dovrebbe allora richiedere che i massoni siano obbligati al rispetto di qualsiasi potere statuale civile, sia democratico sia tirannico. Ma, allora, come conciliare la fedeltà alla tirannia con l’antropologia filosofica massonica, la quale pone, tra gli elementi fondamentali costitutivi dell’uomo massone, proprio la libertà? Libertà e tirannia non sono conciliabili, anzi esprimono una palese contraddizione. La Massoneria, perciò, non può essere fedele nei confronti della tirannia.
Vorrei osservare, al riguardo, che l’equivoco di considerare il secondo Dovere di Anderson come un principio assoluto e incondizionato è stato alimentato da un altro equivoco consistente nell’erronea interpretazione del principio di tolleranza inteso come “indifferentismo”. Sulla base di esso, si è ritenuto che i massoni, appunto perché indifferenti di fronte a qualsiasi concezione dello Stato (democratico o autoritario), fossero sempre obbligati alla fedeltà verso di esso. È questo un equivoco ancora più grave di quello precedente. La Massoneria, come ho più volte sostenuto, non è indifferente o agnostica: essa ha una precisa visione dell’uomo e della società. Se ciò è vero, allora il secondo Dovere di Anderson va riformulato nel modo seguente: «Un massone è un pacifico suddito di quei Poteri Civili che garantiscono l’espressione delle libertà fondamentali». Se ciò non fosse vero, resterebbero oscuri i motivi per cui i massoni di tutto il mondo, in epoche diverse, hanno lottato contro ogni forma di tirannia. Non si comprenderebbero, infine, le opere di pensiero e di azione di quei massoni che hanno dedicato la propria vita per l’affermazione dei principi che hanno reso possibile il passaggio da una società di tipo medioevale e autoritario a una società fondata sui diritti dell’uomo e delle genti. Ed è proprio perché fautori di questi principi che i massoni sono stati perseguitati. Le condanne e le persecuzioni hanno, perciò, una profonda motivazione, che è, per la Massoneria, fonte di immenso orgoglio. Che gli Stati democratici non temano, dunque, la Massoneria, la quale sarà sempre per essi preziosa collaboratrice per le soluzioni dei più urgenti problemi umani e sociali. Temano, invece, gli Stati dispotici, perché la Massoneria li combatterà con tutte le sue forze.
Dopo la caduta del Fascismo, le istituzioni democratiche e repubblicane non hanno saputo (o voluto) garantire totalmente la libertà di associazione. Infatti, l’articolo 18 della Costituzione così recita: «I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare». Tale formulazione è chiaramente ambigua, in quanto, mentre da una parte permette ai cittadini di associarsi liberamente, dall’altra pone un vincolo a tale libertà vietando le associazioni segrete. Quindi, non tutte le associazioni sono libere. Lo Stato democratico e repubblicano, almeno per quanto riguarda il segreto, non ha saputo (o voluto) differenziarsi dallo Stato totalitario, ostinandosi a vedere nel segreto possibili coperture di complotti e trame. Poiché il dibattito alla Costituente sulle associazioni segrete era implicitamente finalizzato alla Massoneria, si è voluto, con la formulazione dell’articolo 18, fraintendere, ancora una volta, la natura iniziatica della Massoneria.
Intendo ribadire, al riguardo, che quella di segreto iniziatico è una nozione originaria ed essenziale dell’antropologia filosofica massonica, senza la quale la Massoneria (intesa come società iniziatica) non è più Massoneria. Tutt’al più, essa diventa una società con fini filantropici.
I sostenitori del secondo comma dell’articolo 18, inoltre, hanno inteso infliggere alla Massoneria un altro grave colpo, quando si sono rifiutati di definire i criteri mediante cui esplicitare la nozione di «società segreta». Tali criteri avrebbero, perlomeno, garantito alla Massoneria il diritto di non venir confusa con altre associazioni che intendono il segreto in modo non iniziatico. Lasciando, invece, indefinita la nozione di «società segreta» si è voluto conferire allo Stato il diritto di stabilire, di volta in volta, che cosa debba intendersi per società segreta. Dotato di questo potere interpretativo, lo Stato democratico potrebbe, per esempio, intendere il segreto allo stesso modo dello Stato fascista e quindi avviare, nei confronti dei massoni, le stesse persecuzioni. È proprio qui che si avverte la mancanza di criteri per differenziare la Massoneria dalle altre associazioni segrete che nulla hanno a che fare con il fondamento iniziatico. La Massoneria, pertanto, al fine di veder garantita la propria esistenza, si trova ancora costretta ad annoverare, tra i suoi compiti principali, quello di impegnarsi, nella società democratica e repubblicana, per la realizzazione di un’autentica e completa libertà di associazione.
Dalle riflessioni precedenti sul secondo Dovere di Anderson, emerge che, in uno paese democratico come l’Italia, la sua applicazione è valida e significa che il massone è tenuto a rispettare le leggi dello Stato. Se egli le viola, allora subirà la pena prevista che vale anche per la Massoneria cui egli appartiene.
Esaminiamo, nello specifico, il caso del Grande Oriente d’Italia. Il suo libro della Costituzione, approvato dalla Gran Loggia nell’ottobre 2021, reca, nel frontespizio, il titolo: Antichi Doveri. Costituzione Regolamento dell’Ordine e riporta integralmente i sei Doveri di Anderson.
Nel definire la Identità del Grande Oriente d’Italia, dopo aver affermato (Titolo I) che “La Massoneria del Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani è un Ordine iniziatico i cui membri operano per l’elevazione morale e spirituale dell’uomo e dell’umana famiglia”, dichiara, con i titoli VIII e IX, che “Il massone è tenuto a rispettare scrupolosamente la Carta Costituzionale dello Stato nel quale risiede o che lo ospita e le leggi che ad essa si ispirino” e “La Massoneria non permette ad alcuno dei suoi membri di partecipare o anche semplicemente di sostenere od incoraggiare qualsiasi azione che possa turbare la pace e l’ordine liberamente e democraticamente costituito della società”.
“Gli Antichi Doveri” e la “Identità del Grande Oriente d’Italia” chiaramente attestano che, per i massoni del GOI, valgono le leggi dello Stato italiano e le loro applicazioni da parte dei magistrati. La giustizia dello Stato vale anche per la Massoneria. Non può esistere una giustizia massonica diversa da quello dello Stato. Se un massone è condannato ad una pena dallo Stato (diciamo pure con una sentenza definitiva), esso deve essere condannato anche dalla Massoneria.
Fin qui è tutto chiaro. Durante i tre anni del mio magistero, gli Antichi Doveri (in particolare il secondo Dovere), la Costituzione e i Regolamenti dell’Ordine sono stati sempre conformi alle leggi dello Stato. Come si spiega, allora, la recente Circolare del Gran Segretario Emanuele Melani in cui si dichiara che la giustizia massonica è diversa da quella dello Stato, e che si considera grave colpa massonica il far ricorso alla giustizia profana? Sembra che qui stia emergendo una contraddizione.
Tale Circolare, emanata il 20 luglio 2022 con l’approvazione del Gran Maestro Bisi e della Giunta, ha sollevato numerose critiche. La più autorevole è stata quella del professor Claudio Bonvecchio, già Grande Oratore e Gran Maestro Aggiunto del GOI, oltre che insigne filosofo politico. Il professor Bonvecchio, con argomentazioni ben fondate e documentate, chiede al Gran Maestro di ritirare la Circolare, il quale, tuttavia, lo deferisce alla Corte Centrale con una Tavola d’Accusa del Grande Oratore Michele Pietrangeli. Successivamente, con accuse pretestuose, egli sarà espulso dal Grande Oriente d’Italia, divenendo nel volgere di qualche mese da anima nobile a paria della Massoneria giustinianea. Sottolineo, nella totale e acritica accettazione dei quasi 23mila aderenti al più numeroso Ordine iniziatico italiano.
Il Caso Bonvecchio-Melani fa esplodere le contraddizioni che da tempo tormentano i rapporti tra il vertice (Gran Maestro e Giunta) e la base (Collegi circoscrizionali, Logge e Fratelli) del GOI. Si tratta di una vicenda grave e complessa che coinvolge anche Massonerie estere. Per presentarla nel modo più corretto e oggettivo farò riferimento ai contenuti inclusi nella Tavola d’Accusa che l’ex Gran Maestro Aggiunto ha promosso contro il Gran Segretario Emanuele Melani.
La Circolare di cui sopra, sostiene Bonvecchio, “pone il Grande Oriente d’Italia in una posizione sovra-ordinata rispetto al contesto costituzionale dello Stato italiano, viola i diritti del cittadino italiano, è lesiva del tradizionale corpus iuris libero muratorio, viola le competenze del Gran Segretario, come sancite dalla normativa interna, configura un insanabile conflitto tra legge dello Stato e la regolamentazione di un’associazione non riconosciuta quale è il Grande Oriente d’Italia”.
In virtù di quanto sopra, il professor Bonvecchio trasmette al Gran Maestro e ai membri della Giunta del Grande Oriente d’Italia un appello affinché la circolare sia revocata con immediatezza, per riportare il Grande Oriente d’Italia nell’alveo della legalità e dei principi costituzionali della Repubblica italiana.
Il persistente silenzio del Gran Maestro gli fa ritenere necessario, quale presupposto preliminare di tutela giurisdizionale, ex art. 9 della Costituzione dell’Ordine, il procedimento instaurato con la suddetta Tavola d’Accusa, che inizia mettendo in evidenza il contrasto tra la Circolare Melani e gli articoli 24 e 25 della Costituzione italiana.
Infatti, nella Circolare si legge che “Pare, dunque, contrario ad un corretto comportamento libero muratorio adire la giustizia profana per controversie in materia libero-muratoria, per la soluzione delle quali è stato espressamente predisposto ed accettato, al momento dell’ingresso nell’Istituzione, l’apparato proprio della giustizia massonica sopra ricordato”. Inoltre, si afferma che, “occorre quindi ribadire con forza che il ricorso alla giustizia profana costituisce grave colpa massonica, a prescindere dall’esito giudiziario conseguito, proprio a causa del venir meno degli impegni assunti con l’Iniziazione, nonché del venir meno anche dei caratteri personali, che dovrebbero contraddistinguere un Libero Muratore”.
Tali assunti contrastano palesemente con i diritti costituzionalmente garantiti dall’art. 24 della Costituzione che recita: “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”.
Essi violano, inoltre, l’art. 25 della Costituzione che dichiara: “Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. I diritti inviolabili di difesa giudiziaria, basati sul principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), riconoscono a tutti la possibilità di ricorrere al sistema giudiziario in condizioni di parità e di essere giudicati da giudici imparziali. Il diritto alla difesa è inviolabile ed universale, costituendo il fulcro di ogni sistema democratico. Non è possibile limitarlo o eliderlo in alcun modo, nemmeno mediante procedimenti di revisione costituzionale”.
In conclusione, la dichiarata incompatibilità (colpa massonica) della tutela giurisdizionale ordinaria inficia la Circolare di nullità assoluta, in quanto manifesta violazione di diritti (fondamentali, indisponibili e inviolabili) sanciti dalla Costituzione italiana.
Ciò detto, appare comunque utile concentrarsi su un ulteriore punto della Circolare. Il Gran Segretario afferma che “il ricorso alla giustizia profana costituisce grave colpa massonica, a prescindere dall’esito giudiziario conseguito”. Tale affermazione risulta allarmante e illecita, in quanto non si può ravvisare alcuna colpa massonica nell’adire la giustizia profana.
Ipotizzare – anche solo ipotizzare! – che il ricorso alla giustizia profana costituisca colpa massonica risulta contrario al principio di legalità (art. 25 Cost. “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”), principio esplicitamente riconosciuto dall’ordinamento massonico, il quale, per l’appunto, si subordina alla Costituzione repubblicana.
L’affermazione della Circolare presenta, infine, ulteriori e inquietanti profili critici, sia dal punto di vista interno all’ordinamento massonico, sia nei rapporti tra questo e il diritto dello Stato. Sostenere, infatti, che un eventuale esito favorevole avanti all’Autorità giurisdizionale italiana non abbia rilevanza interna all’ordinamento del Grande Oriente d’Italia, significa slegare quest’ultimo dall’ordinamento repubblicano e implica un’indebita sovra-ordinazione del primo sul secondo.
Il professor Claudio Bonvecchio, Gran Maestro Aggiunto del Grande Oriente d’Italia, già sospeso in data 1° agosto, viene definitivamente espulso dal Grande Oriente d’Italia con sentenza della Corte Centrale il giorno 4 novembre 2022, in seguito alla presentazione di una Tavola d’Accusa contro di lui. La motivazione: aver egli assunto «gravissimi e reiterati comportamenti nei confronti degli organi della Giustizia Massonica».
Il professor Bonvecchio, tuttavia, non resterà solo nel suo atto d’accusa. È infatti notizia di questi giorni che anche il Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese Antico e Accettato Giampaolo Barbi, insieme ai maggiorenti della sua Giunta, ha imputato alla giustizia massonica giustinianea caratteri di incostituzionalità, citando il Gran Maestro Stefano Bisi e il Grande Oriente d’Italia di fronte alla giustizia profana.
La contestazione principale al GOI è proprio quella di conculcare il libero pensiero degli associati. Per dire: come se si imputasse ad una società calcistica di essere contro il giuoco del calcio… non proprio una piccola cosa.
Ad ogni modo, i discorsi fin qui fatti hanno avuto per oggetto il piano del diritto, in cui si fa riferimento alla giustizia massonica e alla giustizia profana. Per definire i rapporti con le leggi dello Stato in cui i massoni vivono, questo piano è di grande rilevanza e va definito nei minimi aspetti. Tuttavia, il piano originario della Massoneria non è quello del diritto, ma quello della morale, come si evince dalla stessa definizione di Massoneria: “La Massoneria è una concezione dell’uomo (antropologia filosofica) che richiede il perseguimento di finalità etiche orientate dalla trascendenza, secondo modalità iniziatiche velate con i simboli”. Così come è chiaramente espresso nella Identità del Grande Oriente d’Italia, (Titolo I): “La Massoneria del Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani è un Ordine iniziatico i cui membri operano per l’elevazione morale e spirituale dell’uomo e dell’umana famiglia”.
Se questo è vero (e non può non esserlo), allora la vicenda dei tre massoni del Grande Oriente d’Italia accusati di connessioni con la mafia (Lauria, Lutri e Tumbarello) avrebbe dovuto avere un esisto del tutto diverso. Se sul piano del diritto fosse stato necessario tutelare la loro presunta innocenza, sul piano della morale si sarebbe dovuto procedere alla loro espulsione senza esitazione alcuna, proprio perché nella Massoneria la morale prevale sul diritto. Tavola d’Accusa e Decreto di espulsione, senza “se” e senza “ma”!
L’errore dei Vertici del Grande Oriente d’Italia, dunque, non consiste soltanto nel non aver applicato l’articolo 187 del Regolamento, che prevede la suddetta Tavola d’accusa da parte del Grande Oratore, nei confronti degli arrestati, onde avviare la procedura interna atta alla loro espulsione, ma anche e soprattutto nel non aver sentenziato la loro immediata espulsione, avendo essi violato i principi della morale che stanno a fondamento della Massoneria, che non guarda innanzitutto alle condotte penalmente rilevanti, ma a quelle eticamente sensibili. Infatti, come si accorda la loro connivenza con un’organizzazione criminale tra le più brutali (stragista di magistrati, uomini delle Forze dell’Ordine e delle Istituzioni), con i più alti valori morali che essi si sono impegnati ad assumere sempre come regole inviolabili della loro condotta pratica?
La verità è che non si accorda. E mai si potrà accordare, nonostante le mistificazioni celate dietro un “garantismo” di facciata, che in realtà è semplice opportunismo.
Perché il Gran Maestro Bisi non li ha espulsi? Forse perché egli ha smarrito la diritta via della Massoneria? Se la ha smarrita, perché continua a governare la più nobile e antica società iniziatica dei tempi moderni? Perché egli non cede il Supremo Maglietto ad altri che invece ancora credono nell’idealità massonica?
Forse egli vuole mantenere privilegi materiali? Cosa fanno i Fratelli del Grande Oriente d’Italia? Perché non si ribellano a coloro che stanno attuando la contro-iniziazione e la profanazione del Tempio della fratellanza umana?
Per ora queste domande giacciono senza risposta.