I FONDAMENTI DELL’ANTROPOLOGIA MASSONICA
di Giuliano Di Bernardo
Mediante l’antropologia filosofica, l’uomo, nel porsi la domanda: “che cos’è l’uomo?”, si interroga sulla sua natura, sul suo posto nel mondo e sul senso della sua esistenza. A tali quesiti, danno risposta anche le scienze empiriche, come la psicologia, la sociologia, la biologia, l’economia e simili. In che cosa, allora, l’antropologia filosofica si differenzia da queste scienze? Innanzi tutto, esse possono fornire informazioni rigorose solo su aspetti parziali dell’uomo, risultando incapaci di esprimerne la comprensione totale. Tali scienze, infatti, danno contributi all’antropologia filosofica, ma non possono sostituirla, perché è compito precipuo dell’antropologia filosofica quello di cogliere l’uomo nella sua totalità.
Si potrebbe supporre che tale totalità possa essere data dalla somma di tutti i risultati dell’indagine scientifica sull’uomo. In tal caso, tuttavia, si dovrebbe individuare un principio unitario capace di ordinare una molteplicità di singoli elementi scientificamente validi. Ma a tale principio non è possibile dare una giustificazione scientifica, poiché esso è di natura filosofica. Ed è qui che si coglie la differenza fondamentale fra antropologia filosofica e scienze empiriche che indagano l’uomo: mentre la prima esiste per dare una risposta globale al quesito “che cos’è l’uomo?”, le seconde neanche possono porsi tale quesito, in quanto esso trascende i limiti della stessa indagine scientifica. Pertanto, mentre le scienze empiriche trattano aspetti parziali e delimitati dell’uomo, solo all’antropologia filosofica spetta la comprensione totale di esso. È ovvio che, per esprimere tale totalità, essa si avvale anche dei risultati acquisiti dalle scienze empiriche, ma, rispetto a queste, essa conserva la sua autonomia d’indagine, poiché lo scopo che si prefigge è irraggiungibile scientificamente. L’antropologia filosofica costituisce l’orizzonte della totalità entro cui l’uomo comprende e realizza se stesso.
Consideriamo l’uomo così come si dà nel suo rapporto col mondo. L’uomo nasce e si sviluppa in un mondo costituito da altri uomini e da cose, un mondo che, se da una parte l’arricchisce, dall’altra lo condiziona. La sua vita fisico-corporea è soggetta alle leggi della fisica, della chimica e della biologia, mentre la sua vita sociale, che si esplica nei rapporti con gli altri uomini di cui egli condivide i costumi, la lingua, la cultura viene modellata sulla base di queste leggi.
Poiché l’uomo appartiene a un mondo (di uomini e di cose) preesistente ed è da esso condizionato, i contenuti della sua crescita derivano, in primo luogo, da questo mondo, che viene introdotto nella sua coscienza ma non si riduce ad esso.
L’uomo non è determinato dal mondo esterno in maniera puramente passiva: egli non è solo oggetto, ma anche soggetto del mondo a cui appartiene. L’uomo non è puro rispecchiamento della realtà esterna, ma è capace di esprimere su di essa giudizi e valutazioni. Inoltre, egli interviene sul mondo attraverso la sua volontà ed azione. Sulla base dell’unità e totalità di questo rapporto dialettico fra l’uomo e il mondo, le condizioni di vita esterna degli uomini vengono rapportate alla loro coscienza in una prospettiva storica e contingente. Naturalmente, le molteplici e differenti manifestazioni della vita sociale, economica e politica influenzano le sue forme di pensiero e la sua concezione della vita, ma il suo modo di atteggiarsi di fronte al mondo non dipende solo da queste. È per tale motivo che un’antropologia filosofica non è il semplice risultato di ciò che le singole scienze empiriche dell’uomo possono dire, ma essa deve tener conto dell’uomo non solo come osservatore della realtà (nella sua funzione di conoscenza), ma anche come soggetto dotato di volontà libera e come portatore di valori rispetto ai quali la conoscenza scientifica è estranea.
Queste sono, in breve, le linee generali giustificatrici della nozione di “antropologia filosofica”. Diverse sono le antropologie proposte dalle scuole filosofiche, le quali si possono classificare assumendo criteri diversi. Per lo scopo che qui ci proponiamo, è sufficiente esplicitare tre criteri: 1) quello che distingue le antropologie in religiose e laiche, 2) quello che le distingue in totali e parziali e 3) quello che le distingue in esclusiviste e non esclusiviste.
Un’antropologia è religiosa se postula l’esistenza di una divinità ontologicamente intesa (il dio giudaico, cristiano e islamico), è laica se si ispira a un insieme di principi morali universali.
Un’antropologia è totale se riflette sull’uomo, la vita e il mondo, mentre è parziale se prende in considerazione solo la condotta pratica dell’uomo.
Un’antropologia è esclusivista se è basata su valori specifici, mentre è non-esclusivista se si fonda su valori comuni che appartengono sia alla propria antropologia sia ad altre antropologie.
L’antropologia religiosa è, per sua natura, esclusivista e totale. È esclusivista poiché i valori accettati sono soltanto quelli che costituiscono lo specifico di quella religione. È totale poiché si occupa di dio, dell’uomo e della natura. Da ciò segue che non può esservi conciliabilità fra un’antropologia religiosa (caratterizzata da un certo insieme di valori specifici) e un’altra antropologia religiosa (caratterizzata da altri valori specifici).
L’antropologia laica è, invece, per sua natura, non esclusivista (pluralista), in quanto si fonda su valori comuni a diverse antropologie. È parziale poiché ha per oggetto solo l’uomo, la sua natura, i suoi fini.
Ciò premesso, chiediamoci qual è l’antropologia che caratterizza la Massoneria. La risposta presuppone la definizione di Massoneria. La Massoneria è generalmente intesa come un sistema particolare di morale, velato con allegorie e illustrato da simboli. Tradotto nel linguaggio filosofico, la Massoneria è “una concezione dell’uomo che richiede il perseguimento di finalità etiche orientate dalla trascendenza secondo modalità iniziatiche”. Questa definizione colloca la Massoneria all’interno del pensiero pratico, che è, per sua natura, parziale e non esclusivista. La Massoneria, infatti, non si occupa né della natura né di dio se non in relazione con l’uomo. L’uomo, e solo l’uomo, è al centro del suo interesse.
La Massoneria non è una concezione filosofica onnicomprensiva. Essa, infatti, non pretende di dare una risposta ai quesiti che riguardano la totalità dei settori di cui la filosofia si è tradizionalmente occupata. La Massoneria fornisce, invece, una precisa filosofia pratica concernente l’uomo, la sua natura e le sue finalità. Nel delineare la propria immagine dell’uomo la Massoneria ha di proposito rinunciato a indagarne tutti i possibili aspetti, limitandosi a considerare soltanto quelli che riguardano il suo perfezionamento etico. Ciò non significa che gli altri aspetti non abbiano valore per il pensiero massonico, ma che risultano secondari e subordinati a quelli etici. Appunto perché la Massoneria accentua lo studio di un particolare aspetto dell’uomo, la sua antropologia è, per definizione, parziale.
L’aver confinato l’antropologia massonica nel semplice perfezionamento etico, può far sorgere il sospetto che il pensiero massonico sia improntato a un immanentismo materialistico. E proprio per evitare tale fraintendimento che s’introduce l’idea di “trascendenza”, rappresentata in Massoneria dal Grande Architetto dell’Universo, che svolge la precisa funzione di garantire l’oggettività dei valori condivisi, da cui discende la stessa idea di perfezionamento etico del massone.
L’idea del Grande Architetto dell’Universo costituisce, all’interno del pensiero massonico, un punto di riferimento centrale. Essa è alla radice della concezione massonica dell’etica. Una trattazione del problema etico non può, perciò, prescindere da un’analisi approfondita circa la natura del Grande Architetto dell’Universo e le varie interpretazioni che, nel corso della storia massonica, le sono state date. Su un punto di così rilevante importanza si sono avuti equivoci e fraintendimenti, che hanno creato notevoli difficolti alla comprensione dell’autentico rapporto fra Massoneria e religione.
Per chiarire definitivamente tale rapporto è necessario stabilire se la Massoneria è o non è una religione. La Massoneria è una religione se, e solo se, esiste un dio massonico diverso da tutte le altre espressioni della divinità. ln tutti gli altri casi, la Massoneria non è una religione.
Assumendo tale definizione, esaminiamo i diversi significati del Grande Architetto dell’Universo nella storia della Massoneria.
a) Massoneria operativa. Il dio dei massoni operativi è il dio cristiano inteso ontologicamente. La Massoneria, perciò, ha una religione che è, appunto, quella cristiana. Per la definizione data, la Massoneria non è una religione ma ha una religione.
b) Massoneria speculativa (le origini). La situazione cambia radicalmente quando si entra nella fase della Massoneria speculativa, che coincide con le sue origini moderne. L’ammissione nelle Logge degli “accettati”, ossia di uomini non dediti alla costruzione materiale delle cattedrali, esprime l’esigenza di universalizzare la Massoneria. Tale esigenza viene recepita nelle Costituzioni di Anderson del 1723, mediante le quali si avvia il processo di scristianizzazione della Massoneria, il quale, tuttavia, non deve essere inteso come rifiuto della religione, quanto, piuttosto, come l’apertura a tutte le religioni. La Massoneria, perciò, è aperta non solo ai cristiani ma anche a tutti gli uomini che professano fedi religiose diverse. Nel primo Dovere di Anderson, infatti, è contenuta l’espressione «tuttavia si pensa ora che sia più opportuno obbligarli [i massoni] soltanto a quella religione nella quale tutti gli uomini siano d’accordo, lasciando ad essi le loro particolari opinioni». Sul piano filosofico, questa esigenza trova espressione nel “deismo”. Il deismo sta a indicare essenzialmente una religione naturale basata sulla ragione, risultante dall’intersezione di tutte le religioni. Il dio che ne deriva è il dio deistico. Anderson, perciò, sostituisce la religione cristiana, espressione di una fede particolare, con la religione universale del deismo. Egli non fa altro che sostituire una religione con un’altra religione, le quali vanno entrambe intese nel loro significato ontologico. Poiché il dio deistico non s’identifica con nessuna religione, per la definizione suddetta, esso è il dio massonico. La Massoneria, quindi, non solo ha una religione ma è essa stessa una religione.
c) Massoneria speculativa (la situazione attuale). La scristianizzazione della Massoneria, avviata con le Costituzioni di Anderson, viene intesa da molti massoni come rinuncia alla religiosità. Per evitare polemiche su questo punto, la Gran Loggia di Londra, che aveva emanato le Costituzioni, proibisce in Loggia le discussioni di religione e di politica, seguendo l’esempio della Royal Society. Ma non riesce a evitare una profonda spaccatura nella Massoneria inglese, con la conseguenza che ai Moderns si oppongono gli Antients e, accanto alla Gran Loggia di Londra, sorge la Gran Loggia d’Inghilterra. Nella radice di tale frattura fra i massoni inglesi vi è, dunque, anche il deismo, ossia un modo di concepire la religione non condiviso da tutti. L’Atto di Unione tra le due Gran Logge del 1811, da cui ha origine la Gran Loggia Unita degli Antichi, Liberi e Accettati Muratori d’Inghilterra, segna tra l’altro, il superamento del deismo e l’avvio di riflessioni che portano ad affermare che la Massoneria non è una religione, come è chiaramente attestato dalla Dichiarazione su Massoneria e religione emanata dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra nel 1985, che costituisce l’oggetto delle analisi che seguiranno. Poiché tale Dichiarazione è essenziale per comprendere il rapporto fra Massoneria e religione, la presenterò nella seguente traduzione integrale.
Introduzione
In seguito ai recenti commenti su Massoneria e religione e alle indagini svolte da alcune chiese sulla conciliabilità della Massoneria col Cristianesimo, il Comitato (Board) ha deciso di rendere pubblica la seguente Dichiarazione in aggiunta a quella originariamente approvata dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra nel settembre del 1962 e confermata nel dicembre del 1981.
Enunciato fondamentale
La Massoneria non è una religione, né un sostituto della religione. Essa richiede ai suoi adepti di credere in un Essere Supremo del quale, tuttavia, non offre una propria dottrina di fede.
La Massoneria è aperta agli uomini di tutte le fedi religiose. Nei lavori di Loggia è vietato discutere di religione.
L’Essere Supremo
I nomi usati per indicare l’Essere Supremo consentono a uomini di fedi differenti di unirsi in preghiera (a dio come ciascuno di essi lo concepisce), senza che i contenuti delle preghiere siano causa di discordia.
Non esiste alcun dio massonico. Il dio del massone è lo stesso dio della religione che egli professa.
I massoni hanno un mutuo rispetto per l’Essere Supremo in quanto egli rimane supremo nelle loro rispettive religioni. Non è compito della Massoneria cercare di unire insieme religioni diverse: non esiste, perciò, alcun dio massonico composito.
Il Libro della Legge Sacra
La Bibbia, considerata dai massoni come il Libro della Legge Sacra, è sempre aperta durante i lavori di Loggia.
Gli obblighi dei massoni
I massoni assumono obblighi giurando sul Libro della Legge Sacra o sul libro da essi ritenuto sacro. Essi si impegnano a tener segreti i segni di riconoscimento e a seguire i principi della Massoneria.
Le punizioni fisiche, che sono puramente simboliche, non sono oggetto di obbligo. L’impegno a seguire i principi della Massoneria è vincolante.
Confronto fra Massoneria e religione
Nella Massoneria non si danno i seguenti elementi costitutivi della religione:
a) una dottrina teologica; vietando le discussioni sulla religione si vuole impedire l’insorgere di una dottrina teologica massonica;
b) l’offerta di sacramenti;
c) la promessa della salvezza mediante opere, conoscenze segrete e altri mezzi; i segreti della Massoneria riguardano i modi di riconoscimento e non la salvezza.
La Massoneria rispetta la religione
La Massoneria è tutt’altro che indifferente verso la religione. Senza interferire con le pratiche religiose, essa auspica che i suoi adepti seguano la propria fede e pongano i propri doveri verso dio (in tutti i nomi mediante cui egli è conosciuto) al di sopra di tutti gli altri. Gli insegnamenti morali della Massoneria sono accettabili da tutte le religioni.
Tale Dichiarazione viene emanata dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra, la quale, nella formazione del pensiero massonico, rappresenta la fonte più autorevole. Essa assume, pertanto, l’importanza di un atto costitutivo che è vincolante per tutte le Comunioni massoniche riconosciute dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra. Per questa ragione, essa va esaminata attentamente.
Innanzi tutto, l’Introduzione, nel riferirsi a «recenti commenti» e a «indagini svolte da alcune Chiese sulla conciliabilità della Massoneria col Cristianesimo», esprime la preoccupazione che innovazioni e discussioni sui rapporti fra Massoneria e religione possano alterare e confondere i principi autentici della tradizione massonica. Da tale preoccupazione, nasce l’esigenza di emanare una dichiarazione fondamentale per precisare e ribadire il punto di vista della Gran Loggia Unita d’Inghilterra sulla religione.
Il documento contiene le seguenti frasi: «la Massoneria non è una religione, né un sostituto della religione», «non è compito della Massoneria cercare di unire insieme religioni diverse: non esiste, perciò, alcun dio massonico composito», dopo aver dichiarato che «non esiste alcun dio massonico».
Gli stessi concetti vengono ribaditi allorquando il documento della Gran Loggia Unita d’Inghilterra precisa che al massone è richiesto «di credere in un Essere Supremo del quale, tuttavia, non offre una propria dottrina di fede». Quella di «Essere Supremo» è, perciò, una nozione che non rappresenta né il dio di una religione particolare, né il dio composito scaturente dall’intersezione delle religioni particolari, né il dio di un qualsiasi surrogato della religione. Tuttavia, il Board della Gran Loggia ritiene che non vi sia inconciliabilità fra l’appartenere alla Massoneria e il professare una fede religiosa. Esso sostiene, infatti, che «la Massoneria è aperta agli uomini di tutte le fedi religiose», che «il dio del massone è lo stesso dio della religione che egli professa». E da notare che, nel mondo occidentale, un caso dichiarato di inconciliabilità, in linea di principio, fra Massoneria e religione riguarda la Chiesa cattolica, ma questo per decisione unilaterale della stessa Chiesa cattolica. Dal canto suo, la Massoneria, anche se ha dovuto subire storicamente le conseguenze di tale inconciliabilità, è stata sempre disposta ad accogliere fra le colonne delle sue Logge uomini professanti una fede religiosa. In Massoneria, cioè, possono coesistere sia uomini che hanno fedi religiose diverse, sia uomini che non hanno una specifica fede religiosa: l’unica condizione richiesta è che sia gli uni sia gli altri credano in un Essere Supremo, principio regolatore e, nello stesso tempo, fine e giustificazione del processo iniziatico di perfezione del massone. Il punto in comune che li caratterizza è dato dall’Essere Supremo, il quale rappresenta la condizione minimale d’appartenenza alla Massoneria, senza escludere, però, che l’Essere Supremo venga a coincidere, per i massoni professanti una fede religiosa specifica, con la divinità della loro religione.
Questo carattere di apertura della Massoneria nei confronti delle singole religioni è ulteriormente confermato dalla presa di posizione della Gran Loggia Unita d’Inghilterra sul Libro della Legge Sacra. «la Bibbia, considerata dai massoni come il Libro della Legge Sacra, è sempre aperta durante i lavori di Loggia». Questa espressione tende a ribadire la stretta connessione fra Massoneria e religione, ma non nel senso di un asservimento dei massoni alla religione, quanto, piuttosto, come un atto di rispetto dovuto da essi alla religione. È certamente erroneo il tentativo di vedere, in questa dichiarazione, un impegno più forte. Infatti, il libro viene semplicemente aperto e non interiorizzato mediante la lettura di qualche suo passo. Inoltre, viene precisato, a conferma di ciò, che per i cristiani, il Libro della Legge Sacra è la Bibbia, mentre per i massoni d’altre fedi è «il libro da essi ritenuto sacro». È così nuovamente ribadita la tolleranza della Massoneria nei confronti di tutte le religioni particolari.
La Dichiarazione della Gran Loggia Unita d’Inghilterra continua con la trattazione del tema dei giuramenti e del segreto iniziatico. Essa afferma che «i massoni assumono obblighi giurando sul Libro della Legge Sacra o sul libro da essi ritenuto sacro» e che tali giuramenti sono volti «a tener segreti i segni di riconoscimento e i principi della Massoneria». Con tali proposizioni, si intende richiamare l’importanza del giuramento, oggetto del quale sono i principi della Massoneria che tutti devono seguire. Il giuramento è un atto solenne, che caratterizza il momento dell’iniziazione e del passaggio ai gradi superiori. Il giuramento riguarda, inoltre, il segreto iniziatico.
Il quadro offerto dalla Dichiarazione della Gran Loggia Unita d’Inghilterra sul rapporto fra Massoneria e religione è inequivocabile. Nel pronunciarsi con questo documento non era, tuttavia, intenzione del Board di presentare una completa visione filosofica sulla tematica in questione. Ci si è limitati soltanto all’enunciazione di alcuni principi fondamentali e non si è entrati nel merito della loro giustificazione o fondazione. È mia intenzione risalire a tale quadro teorico di fondazione filosofica, partendo dagli enunciati della Dichiarazione.
Per quanto riguarda la natura del G.A.d.U., la posizione della Gran Loggia Unita d’Inghilterra si può riassumere in quattro proposizioni fondamentali: 1) la Massoneria non è una religione; 2) la Massoneria non è espressione di un sincretismo teologico (non esiste alcun dio massonico); 3) i massoni hanno in comune il rispetto per l’Essere Supremo; 4) la Massoneria è aperta agli uomini di ogni fede. La tesi che mi propongo di sostenere consiste nell’affermazione che, al fine di tener ferme tutte e quattro le proposizioni precedenti, il G.A.d.U. deve essere inteso come ideale regolativo in senso non esclusivo. Chiamerò tale tesi «regolativismo non esclusivo». Si può, dunque, dire che il regolativismo non esclusivo contraddistingue la concezione massonica del G.A.d.U.
Ora è il momento di precisare, in maniera definitiva, che cosa intendo proporre con tale tesi. La Massoneria pone il G.A.d.U., inteso come ideale regolativo, come condizione minimale per ogni massone, ma non lo concepisce in maniera esclusiva, sul presupposto che i massoni gli possano attribuire le caratteristiche che alla divinità conferiscono le varie religioni. Accanto, dunque, alla condizione minimale della credenza nell’Essere Supremo come ideale regolativo, posta come condizione necessaria di appartenenza alla Massoneria, è richiesta anche la condizione di non esclusione delle singole fedi. Il minimo che si richiede a un massone è che creda nell’ideale regolativo. Non si esclude, però, che l’ideale regolativo in cui il massone crede possa riferirsi allo stesso dio in cui quel massone crede non in quanto tale (cioè massone) ma, ad esempio, in quanto cristiano. In tal caso la condizione dell’ideale regolativo rimane sempre, anche se è assorbita in quella più forte della credenza nel dio della religione.
Mi pare che tale concezione del G.A.d.U. assicuri la soddisfazione di tutte e quattro le proposizioni riassumenti il pensiero della Gran Loggia Unita d’Inghilterra sulla natura del G.A.d.U. Innanzi tutto, ne risulta che la Massoneria non è una religione. Tipico di ogni religione è, infatti, ipotizzare l’esistenza oggettiva e reale della divinità. Al contrario, la Massoneria richiede soltanto, come condizione minimale, l’accettazione della valenza regolativa dell’Essere Supremo. In secondo luogo, non essendo necessario che un ideale regolativo sia determinato sotto tutti gli aspetti, la Massoneria non è costretta, come nel caso del deismo, ad assumere una posizione di sincretismo teologico, evitando così di realizzare un “dio massonico”. D’altra parte, tra le condizioni di appartenenza alla Massoneria, vi è la condizione di credenza nel G.A.d.U., almeno come principio regolativo. Ne segue che ogni massone ha in comune con gli altri massoni il rispetto dell’Essere Supremo. Infine, in forza della condizione di non esclusione, la Massoneria si può dichiarare aperta agli uomini di ogni fede. In conclusione, una posizione come il regolativismo non esclusivo offre il grande vantaggio della tolleranza vera.
Dalle riflessioni fin qui svolte, discendono alcune importanti conseguenze. Innanzitutto, è da rilevare la distinzione fra Massoneria intesa come concezione dell’uomo (antropologia) e Massoneria intesa come società di uomini. La definizione di Massoneria come “concezione dell’uomo” riguarda il piano ideale, e significa che l’antropologia massonica è definita dal regolativismo non esclusivo, ossia dal requisito minimale di appartenenza alla Massoneria. La definizione di essa come “società di uomini” riguarda, invece, il piano reale, e significa che la massoneria, intesa come società di uomini, è divisibile in due sottoinsiemi: quello dei massoni regolativisti e quello dei massoni religiosi (che integrano il punto di vista regolativo con la fede di una qualsiasi religione particolare).
Dalle suddette premesse, seguono alcune conseguenze.
Conseguenza 1: se i massoni regolativisti, in presenza di almeno un massone religioso, pretendessero che la Massoneria fosse puramente regolativa (ossia esclusiva della possibilità di aggiungere al requisito minimale una qualsiasi fede religiosa) diventando perciò regolativisti esclusivi, allora si esprimerebbe una forma di integralismo e si violerebbe il principio di tolleranza, il quale è – per definizione – la negazione di ogni forma di integralismo.
Conseguenza 2: se i massoni religiosi, in presenza di almeno un massone regolativista, pretendessero che la Massoneria fosse una religione, allora si esprimerebbe una forma di integralismo, e si violerebbe il principio di tolleranza.
Conseguenza 3: il principio di tolleranza, evitando l’insorgenza di qualsiasi forma di integralismo, regola l’autentico rapporto fra massoni regolativisti e massoni religiosi.
In conclusione, la tesi del regolativismo non esclusivo è la giustificazione filosofica di due proposizioni («la Massoneria non è una religione» e «il singolo massone può avere una fede religiosa»), le quali, apparentemente, sembrano in contraddizione ma, in realtà, esprimono il fondamento più valido del pensiero massonico.
La singolarità del rapporto fra Massoneria e religione risulta, in modo chiaro e netto, se si tenta di operare un confronto diretto tra le nozioni fondamentali dell’antropologia massonica e gli elementi essenziali dell’antropologia cristiana. Come spiegherò nel prosieguo del discorso, l’antropologia massonica è riconducibile alle cinque nozioni della quintupla <Libertà, Tolleranza, Fratellanza, Trascendenza, Segreto iniziatico>. Ritengo che l’antropologia cristiana si possa caratterizzare mediante i concetti della tripla: <Libertà, Trascendenza (in senso ontologico), Salvezza>. Di solito, il numero dei concetti non è molto significativo. Qui mi pare, però, che la presenza, nell’antropologia cristiana, di soli tre elementi sia altamente significativa. Se si riflette, infatti, sulla natura qualitativa dei concetti massonici, è facile vedere che si tratta di concetti esclusivamente funzionali alla vita etica dell’uomo: lo stesso concetto di trascendenza, in quanto coincidente con l’ideale regolativo, è visto nella sua funzione di centro ispiratore della vita etica. Anche il segreto iniziatico è essenzialmente ordinato al processo di perfezionamento etico del massone. Nella tripla dell’antropologia cristiana, invece, tutto è in funzione della salvezza dell’uomo: la libertà è concepita come capacità di decidere pro o contro l’offerta di salvezza che dio fa all’uomo, mentre la salvezza è la liberazione dell’uomo da ogni forma di male e frutto dell’intervento del dio cristiano (trascendente, reale e personale) nella storia dell’uomo.
Ci si può chiedere se, data la centralità del concetto di salvezza nell’antropologia cristiana, non venga a mancare alla religione la dimensione etica, così importante per la concezione massonica dell’uomo. La risposta è decisamente negativa, in quanto i principi etici sono una naturale conseguenza del piano di salvezza che dio propone all’uomo. L’uomo non può salvarsi senza un impegno etico. L’impegno etico non è però sufficiente: occorre l’aiuto determinante da parte di dio, attraverso la sua grazia. Di qui la funzione dei sacramenti, come segni efficaci della grazia divina. Come si vede, l’antropologia cristiana è comprensiva, a livello di nozioni fondamentali o derivate, di tutti gli aspetti concernenti l’uomo in quanto tale. È logico, di conseguenza, che vi sia anche una differenza formale tra la quintupla massonica e la tripla cristiana, essendo il contenuto della seconda più comprensivo di quello della prima. Inoltre, essendo la quintupla massonica circoscrivibile entro un contesto di pura considerazione etica dell’uomo, la controparte etica dell’antropologia cristiana verrà a trovarsi codificata in nozioni derivate, non in quelle fondamentali appartenenti alla tripla originaria. Le nozioni etiche dell’antropologia massonica saranno, invece, tutte fondamentali, ed è per questo che esse compaiono nella quintupla originaria.
Dalle riflessioni fin qui svolte si possono ricavare le seguenti conclusioni. Nella concezione massonica, è richiesto che l’Essere Supremo sia concepito almeno come espressione dell’ideale etico massonico (funzione regolativa del G.A.d.U.). Per questo, dal punto di vista massonico, non è essenziale fare distinzione tra ideale di perfezione dell’uomo e trascendenza. Tale distinzione è, invece, essenziale nella concezione cristiana in cui dio è il fondamento della possibilità di salvezza dell’uomo (sua massima perfezione di realizzazione), ma, al contempo, è distinto da tale stato di perfezione. Ciò trova la sua giustificazione nel fatto che, per il cristiano, dio ha una effettiva realtà personale: è lui che propone all’uomo il suo progetto di salvezza e sta all’uomo accettarlo o rifiutarlo. Ciò, invece, non si dà nella concezione massonica del trascendente, col quale non è richiesto di intrattenere un rapporto personale.
Le conseguenze di ciò sono notevoli. Il rapporto di intimità personale con dio (rapporto di preghiera, ecc.) ha un significato particolare per il cristiano, ma non è essenziale per il massone, che nel G.A.d.U. può vedere esclusivamente un ideale regolativo cui conformare la propria attività etica. La pratica dei sacramenti ha un significato altrettanto particolare per il cristiano, in quanto segni efficaci della grazia in cui si esprime l’intervento reale di dio nella storia dell’uomo. Ciò non vale, invece, per la ritualità massonica, la quale svolge una esclusiva funzione all’interno del progetto di perfezione morale massonico (di natura puramente umana) e che l’uomo da solo propone a se stesso. L’idea di perfezione massonica è necessariamente connessa solo con un ideale di miglioramento dell’uomo da un punto di vista essenzialmente etico (senza un miglioramento etico non si ha neppure quello sociale, politico, ecc.) e limitato solo al campo delle possibilità umane. Per questo motivo, l’idea di perfezione cristiana non coincide con quella massonica, differenziandosi da quest’ultima per la sua comprensività di valori non esclusivamente etici. Ed è questo, mi sembra, il motivo principale per cui si parla di salvezza e non semplicemente di perfezionamento dell’uomo.
Un’altra importante conseguenza che discende dalle riflessioni fin qui svolte concerne i Rituali massonici. Il fondamento iniziatico della Massoneria, rappresentato dal quinto elemento della quintupla antropologica, trova la più profonda espressione nei Rituali. Se l’iniziazione è, per la Massoneria, la modalità mediante cui realizzare il perfezionamento etico dell’uomo, il Rituale è lo strumento sulla cui base si compie, in modo graduale e continuo, tale perfezionamento. Il Rituale insegna come «levigare la pietra grezza». La sua importanza, quindi, è fondamentale. Ciò nonostante, i Rituali sono stati quasi sempre fonte di fraintendimenti e di ambiguità. Una causa di ciò forse risiede nella difficoltà di rapportare i Rituali all’antropologia massonica, ossia all’immagine dell’uomo secondo la Massoneria. Non v’è dubbio, infatti, che i Rituali devono essere l’espressione simbolica e allegorica dell’antropologia massonica.
Finora ho parlato di antropologia massonica e ne ho messo in evidenza le caratteristiche fondamentali. Ora è tempo di presentare gli elementi che la costituiscono.
Innanzi tutto, occorre distinguere i concetti della Massoneria in iniziatici e profani. Sono iniziatici quei concetti il cui significato è noto solo a massoni, mentre sono profani quei concetti il cui significato è comprensibile anche ai non massoni.
Il concetto iniziatico per eccellenza è quello di «segreto iniziatico», mentre i concetti profani fondamentali sono quelli di «libertà», «tolleranza», «fratellanza», «trascendenza». Da essi discendono tutti gli altri concetti, iniziatici e profani, come quelli di «amore», «benevolenza», «carità», «rispetto», «solidarietà», «miglioramento», «giuramento» e simili.
Esaminiamo i quattro concetti profani fondamentali, iniziando dal concetto di «libertà». La libertà è un dato insopprimibile e inconfutabile delle nostre esperienze di vita. Noi sappiamo di essere liberi e ci troviamo a dover scegliere tra due o più alternative in modo personale e responsabile. L’esperienza della libertà si esplica principalmente nelle decisioni morali, ossia nelle decisioni a favore o contro un valore morale. È proprio qui che la libertà dell’uomo raggiunge il suo senso più autentico. Anche se in teoria possiamo negare la libertà, nella vita reale non possiamo che agire nel presupposto di essa: valori come quelli di bene e male, di giustizia e ingiustizia, di ricompensa e punizione sarebbero privi di senso se alla loro base non vi fosse l’esperienza della libertà. Quindi, noi presupponiamo sempre la nostra libertà e quella degli altri.
Dopo aver precisato che la libertà è un’esperienza inconfutabile della vita umana, ne esamino alcuni significati fondamentali. Secondo una certa definizione di libertà, l’uomo è libero se, e solo se, ha la possibilità di attenersi a un ordinamento oggettivo di valori e se ha la capacità di condividerlo soggettivamente. Ciò significa che l’uomo trova, nella società in cui vive, un insieme di valori che sono oggettivi poiché esistono prima di lui e possono essere condivisi anche da altri uomini. Tuttavia, egli, per poter agire, deve scegliere e condividere alcuni valori tra tutti quelli che si danno nella società. In tal modo valori oggettivi vengono resi soggettivi.
Tale definizione di libertà è costitutiva dell’uomo, nel senso che l’uomo è uomo se, e solo se, è libero. Se l’uomo non fosse libero, allora non sarebbe uomo. Ciò è essenziale per comprendere la natura costitutiva della libertà. Noi possiamo incatenare un uomo a una roccia e privarlo così di tutte le sue libertà materiali, ma non possiamo impedirgli di pensare la libertà concependo mondi in cui egli si sente libero. Se volessimo privarlo anche della capacità di pensare la libertà, lo dovremmo uccidere.
A questo punto, possiamo affrontare uno dei più importanti aspetti della libertà, ossia la relazione con cui essa si pone nei confronti della morale. La libertà è la prima condizione fondamentale della morale. La morale è possibile solo sulla base della libertà: se non si dà libertà, non vi è morale. Ovunque la libertà venga negata, non resta alcuno spazio per la comprensione autentica della morale.
Questo giustifica la scelta, da parte del pensiero massonico, della libertà come concetto fondamentale. La Massoneria, infatti, concepisce un ordinamento morale condiviso soggettivamente come la più alta realizzazione della perfezione iniziatica nell’immanente. È naturale, perciò, che la libertà, essendo la fonte originaria della vita etica dell’uomo, sia assunta, nella concezione massonica dell’uomo, come concetto fondamentale.
Strettamente connesso con il tema della libertà è il principio di “tolleranza”. Il concetto di «tolleranza» può assumere due significati fondamentali:
1. Tolleranza è un principio mediante cui, in presenza di una propria concezione dell’uomo, si riconosce l’esistenza di altre concezioni e si assume, nei loro confronti, un atteggiamento di rispetto.
2. Tolleranza è un principio mediante cui, in assenza di una propria concezione dell’uomo, si assume un atteggiamento di indifferenza nei confronti di tutte le altre concezioni.
Date le due definizioni di “tolleranza”, è da precisare che alla Massoneria inerisce solo la prima, mentre la seconda è completamente estranea al suo pensiero. La Massoneria, infatti, ha una propria filosofia che dà origine a una precisa antropologia filosofica, ossia a una data concezione dell’uomo secondo il punto di vista massonico.
Il concetto di tolleranza, diversamente da quello di uguaglianza, consente di cogliere, oltre al fondamento comune, anche le differenze che sussistono fra gli uomini. Gli uomini sono uguali rispetto ai diritti, ma diversi rispetto alle caratteristiche soggettive (d’intelligenza, di sensibilità, ecc.) con cui si pongono di fronte ai problemi della vita e della società. Questa è la ragione per cui ho posto, tra i concetti fondamentali, quello di tolleranza e non quello di uguaglianza.
I due concetti fin qui esaminati sono entrambi fondamentali per costituire la Massoneria. Il concetto di libertà, tuttavia, assume una valenza originaria.
Il terzo concetto fondamentale profano, che caratterizza la Massoneria, è quello di «fratellanza». L’ideale di fratellanza fa la sua comparsa nella storia dell’uomo in tempi assai remoti. Si può supporre che il primo vincolo che abbia legato un uomo a un altro uomo sia stato quello del sangue e che, successivamente, sia stato esteso anche alla tribù e alla comunità. Esso ricompare con il messaggio cristiano mediante cui tutti gli uomini sono in rapporto di dipendenza comune con l’atto creatore di dio: tutti gli uomini, perciò, sono figli di dio e quindi fratelli. Rispetto alla concezione laica della vita, il rapporto con il Padre viene ad assumere una caratterizzazione del tutto particolare: il “padre” non è più dio ma un insieme di principi morali condivisi. In ogni caso, la fratellanza altro non è che un atteggiamento in cui l’uomo ritiene che gli altri uomini siano la sua immagine speculare e che i suoi diritti siano gli stessi diritti degli altri individui.
La fratellanza è strettamente connessa con la tolleranza: quando io ammetto che anche altri uomini possono professare idee differenti dalle mie, io mi predispongo nei loro riguardi in modo tale da considerarli degni alla mia stessa stregua, e, nel fare ciò, li considero fratelli. Abbiamo così che la fratellanza è connessa con la tolleranza, mentre la tolleranza è connessa con la libertà. Il concetto di libertà, pertanto, è prioritario rispetto a quelli di tolleranza e di fratellanza. Esso è il concetto cardine della vita immanente dell’uomo. Ma può l’uomo acquisire il senso più profondo del suo perfezionamento restando negli ambiti dell’immanenza? In particolare, può il massone procedere nella levigazione della sua pietra grezza prescindendo da un principio trascendente? La risposta è decisamente no. Le ragioni di tale risposta ci portano a indagare il quarto concetto fondamentale profano della Massoneria, quello di “trascendenza”.
Il concetto di trascendenza assume due significati profondamente diversi: 1) la trascendenza è una realtà ontologica, 2) la trascendenza è un ideale regolativo.
Quando si parla di trascendenza, si allude a un fondamento della realtà che trascende, supera essenzialmente, l’orizzonte limitato di ciò che riusciamo a sperimentare. Il concetto di trascendenza si contrappone al concetto alternativo di immanenza, che chiude il fondamento delle cose nella totalità delle nostre esperienze. La trascendenza, però, può essere concepita in due sensi: in senso ontologico o in senso regolativo. La trascendenza è intesa nel primo senso se il fondamento trascendente l’orizzonte dell’esperienza è concepito come qualcosa di reale in sé, di realmente esistente, anche se cade al di là delle nostre capacità di esperienza. La trascendenza è invece intesa in senso regolativo se, pur non riconoscendo al fondamento delle cose una reale esistenza, essa vale a farci considerare, kantianamente, il mondo come se dipendesse dall’esserci del rispettivo fondamento trascendente. Condividere, dunque, un’idea regolativa di trascendenza non significa ritenere che il trascendente sia reale ma porre le premesse per comportarci eticamente come se lo fosse.
Tale principio trascendente, usato in Massoneria per caratterizzare il Grande Architetto dell’Universo (l’Essere Supremo), non deve essere pensato come realtà effettiva, in quanto ciò verrebbe ad esprimere attributi che lo qualificano e lo specificano come dio di una religione. Tutte le religioni, infatti, concepiscono la trascendenza come qualche cosa di realmente esistente, ossia nel senso ontologico. Per questa ragione, dio si può esprimere attraverso gli attributi di onnipotenza, di onniscienza e simili. Il Grande Architetto dell’Universo, viceversa, non può che essere una trascendenza regolativa, poiché solo così si evita il rischio di conferirgli una qualificazione religiosa e, nello stesso tempo, se ne può parlare come «fine ultimo» verso cui tende il massone nel suo perfezionamento iniziatico. L’ammettere, in Massoneria, un principio trascendente, sia pure regolativo, significa, inoltre, escludere l’esistenza di concezioni apertamente fondate sul materialismo ateistico. Si evita, infine, al massone, di pronunciarsi sulla divinità.
Nel tentativo di caratterizzare il Grande Architetto dell’Universo in Massoneria, possiamo avvalerci della filosofia aristotelica, anche se essa presenta sostanziali differenze rispetto a quella kantiana. Aristotele, infatti, nel definire la nozione di “dio”, afferma che egli è l’Intelligenza Suprema che intende perfettamente se stessa e soltanto se stessa, in quanto conoscere l’altro, diverso da sé, ne avvilirebbe la perfezione. Egli è pure Bene Supremo a cui tutto l’universo aspira e da cui dipende tutto l’ordine dello stesso universo. La sostanza eterna, l’atto puro che egli chiama dio è solo causa finale del mondo e non il suo creatore.
Entro certi limiti, vi è analogia tra l’Intelligenza Suprema di Aristotele e il Grande Architetto dell’Universo in Massoneria. Né l’una né l’altro possono creare, anche se per ragioni diverse: il dio di Aristotele diventerebbe imperfetto, mentre il Grande Architetto dell’Universo trasformerebbe la Massoneria in religione. Entrambi, tuttavia, rappresentano il fine ultimo: del mondo in Aristotele, dell’uomo in Massoneria. Entrambi svolgono il ruolo di giustificare: il dio di Aristotele il mondo, il Grande Architetto dell’Universo la morale.
Il dire che il massone deve aver rispetto per il Grande Architetto dell’Universo significa affermare che egli deve ammettere un principio trascendente verso cui tendere nel suo perfezionamento. Al massone null’altro è richiesto. Al Grande Architetto dell’Universo va riconosciuta solo la possibilità di svolgere le due suddette funzioni (quella di rappresentare il fine ultimo e quella di giustificare la morale), poiché ogni ulteriore specificazione lo assimilerebbe al dio di una religione e la Massoneria diventerebbe perciò una religione.
Al fine di intendere correttamente tale distinzione esaminiamola rispetto alla concezione cristiana e alla concezione massonica dell’uomo.
Secondo l’antropologia cristiana, l’uomo versa in uno stato di indigenza dovuto alla mancata attuazione di certe sue aspirazioni fondamentali. Il senso della vita dell’uomo è dato da un orizzonte di validità definitiva della sua libera attività. Il cristiano crede che a tale definitività corrisponda un senso oggettivo e che, al senso oggettivo, corrisponda un modo ontologico d’intendere il trascendente. Infatti, il cristiano ritiene che egli possa, nel trascendente, realizzarsi al massimo e ricondurre a unità tutte le sue componenti. Nella concezione cristiana, perciò, il trascendente ha una valenza ontologica: esso rappresenta un mondo realmente accessibile all’uomo. Tale accessibilità è resa possibile non tanto dalle possibilità di cui l’uomo è capace, quanto, piuttosto, dallo specifico intervento salvifico di Cristo. Raggiungere il trascendente è una reale possibilità concessa da dio all’uomo.
Anche secondo la concezione massonica, l’uomo si trova in uno stato di indigenza, ma il massone non crede all’esigenza della definitività e al senso oggettivo che a essa corrisponde. Per il massone, lo stato di indigenza è connesso con un trascendente che ha una valenza regolativa. Egli, pertanto, non conferisce al trascendente una valenza ontologica, quale si avrebbe se all’uomo fosse data la possibilità reale di raggiungerlo. Viceversa, egli lo concepisce solo come limite, realmente inaccessibile, verso cui deve tendere, per approssimazione graduale, attraverso l’impegno a migliorare se stesso. L’ideale regolativo, che trova fondamento nelle condizioni intrinseche all’uomo e non nell’intervento salvifico di Cristo, è dato da un insieme di contenuti che si vorrebbero realizzati nell’immanente: il trascendente orienta l’immanente senza essere a esso ridotto.
Un’altra differenza che intercorre fra antropologia massonica e antropologia cristiana (e, in generale, tutte le antropologie che discendono da una religione), riguarda la nozione di «verità».
Per il cristiano, la verità è assoluta, eterna e immutabile. Essa viene rivelata direttamente da dio. L’uomo non deve fare altro che accettarla e assumerla come principio generale che orienta le sue azioni nel mondo. L’accettazione della verità corrisponde all’adesione a una visione religiosa del mondo basata sul dogma.
Per il massone, invece, la verità è un punto di riferimento ideale verso cui tendere nel processo di perfezionamento iniziatico. La verità è un caso limite a cui egli potrà avvicinarsi gradatamente senza però mai raggiungerlo. Nessun massone, quindi, può dichiarare di possedere la verità. Se lo facesse, allora egli conferirebbe alla nozione di verità il contenuto della rivelazione e, conseguentemente, ridurrebbe la Massoneria a una religione. Ma la Massoneria non è una religione.
In che modo il concetto di «trascendenza» si pone nei confronti dei concetti di libertà, tolleranza e fratellanza? Diremo che libertà, tolleranza e fratellanza esprimono proprietà dell’uomo, il quale è proiettato in un processo di autorealizzazione che è – a sua volta – orientato regolativamente dalla trascendenza. La trascendenza regola l’immanente, mentre l’immanente tende verso la trascendenza: è questo un continuo processo in cui l’immanente non fagocita il trascendente, ma realizza in sé il massimo di trascendenza.
I concetti profani fondamentali della Massoneria (libertà, tolleranza, fratellanza, trascendenza) sono elementi essenziali dell’antropologia filosofica massonica, ossia del modello di uomo così come è concepito dalla Massoneria. Per usare un’espressione tecnica, diciamo che essi rappresentano un insieme di quattro elementi che chiamiamo «quadrupla» e che indichiamo nel modo seguente: <Libertà, Tolleranza, Fratellanza, Trascendenza>.
Un primo quesito che si pone al riguardo è il seguente: tali concetti definiscono l’insieme di tutti gli elementi costitutivi dell’antropologia massonica oppure ne definiscono solo una parte? Per avere l’insieme di tutti gli elementi costitutivi dell’antropologia massonica, occorre aggiungere, ai quattro che già conosciamo, anche l’elemento espresso dal «segreto iniziatico» (concetto fondamentale iniziatico). Si ottiene così la quintupla <Libertà, Tolleranza, Fratellanza, Trascendenza, Segreto iniziatico>, rappresentativa dell’antropologia massonica.
È importante esplicitare un aspetto importante della distinzione tra antropologia massonica, costruita sulla base dei primi quattro elementi, e antropologia massonica tout court. Gli elementi della quadrupla <Libertà, Tolleranza, Fratellanza, Trascendenza> sono valori oggettivi, di cui possono essere portatori anche non massoni. Ciò significa che tali valori, globalmente intesi, non rappresentano lo specifico della Massoneria, ma esprimono, per così dire, la controparte profana di essa, la quale concorre solo parzialmente alla costituzione dell’antropologia massonica. Il passaggio all’antropologia massonica tout court si realizza aggiungendo, agli elementi della quadrupla, anche quello riguardante il segreto iniziatico. Ma che cosa significa ciò? Significa che il senso globale dell’antropologia massonica si acquista solo attraverso l’iniziazione, ossia diventando massoni. In ciò risiede una profonda e fondamentale differenza tra società iniziatica e qualsiasi altra società: mentre la concezione dell’uomo in una società non iniziatica è conoscibile da tutti (si pensi alla visione cristiana), la concezione dell’uomo in Massoneria è afferrabile pienamente solamente dai massoni. Il segreto iniziatico, che consente di raggiungere tale pienezza conoscitiva, assume il significato di illuminare la quadrupla <Libertà, Tolleranza, Fratellanza, Trascendenza> di una «luce nuova», che le conferisce un senso più profondo.
Gli elementi della quintupla <Libertà, Tolleranza, Fratellanza, Trascendenza, Segreto iniziatico> devono essere intesi globalmente. Ciò significa che, se viene a mancare uno solo di essi non si ha più questa antropologia. Chi volesse privare l’antropologia massonica della libertà, o della tolleranza, o della fratellanza, o della trascendenza, o del segreto iniziatico non otterrebbe il risultato di indebolire o limitare l’ambito della sua validità, quanto, piuttosto, l’annullamento della stessa Massoneria. Da tale antropologia massonica, emerge un uomo che può perfezionarsi se, e solo se, realizza, in modo unico e personale, tutte le condizioni che lo costituiscono, ossia la libertà, la tolleranza, la fratellanza, la trascendenza ed il segreto iniziatico.
Domandiamoci, a questo punto, se l’analisi svolta intorno all’antropologia massonica sia sufficiente a caratterizzare i requisiti che il massone deve assolvere in quanto appartenente alla Massoneria intesa come società di uomini. La risposta è decisamente no. Il modello di uomo propugnato dalla Massoneria deve essere integrato con un complesso di regole a cui si assoggetta il massone quando entra in Massoneria. Queste regole dovranno contenere anche l’obbligo di attenersi alla concezione massonica dell’uomo, ma non possono esaurirsi in essa. Il fatto è che, mentre per l’antropologia massonica si tratta di esplicitare le proprietà costituenti il modello di uomo secondo il pensiero massonico, qui si tratta di esplicitare quelle regole che costituiscono un soggetto umano appartenente a quel contesto pratico sociale che è dato dalla società massonica.
Le regole costitutive del massone, in quanto appartenenti al contesto pratico sociale della Massoneria come società iniziatica, sono riassunte nei seguenti requisiti: 1) un’autorità costituente; 2) l’accettazione dell’antropologia massonica; 3) il giuramento sul segreto iniziatico. Questi tre requisiti vengono soddisfatti congiuntamente durante l’iniziazione. Infatti, attraverso l’iniziazione, il profano viene costituito massone. In essa l’autorità (requisito 1) è rappresentata dal Maestro Venerabile, mentre l’iniziando, liberamente e spontaneamente, alla presenza del G.A.d.U., accetta i principi propugnati dalla Massoneria (requisito 2) e giura di non rivelare il segreto iniziatico (requisito 3). Dopo il giuramento, il Maestro Venerabile recita la formula di rito: «Io ti costituisco Apprendista Libero Muratore». Da quel preciso istante, quel singolo profano diventa massone. L’atto costitutivo del Maestro Venerabile gli conferisce una dimensione che prima non aveva, e che solo la morte potrà annullare. Ciò significa che egli porterà sempre con sé la dimensione massonica, la quale non potrà mai rifiutare: un massone non potrà mai diventare un non massone, ma semplicemente un massone «in sonno».
Dopo il rito iniziatico, il neofita entra a far parte della comunità dei massoni di tutto il mondo, collaborando con questi per l’edificazione del Tempio ideale della fratellanza umana.