di Michele Campostella
Sfogliando il n° 4 della rivista Hiram del 1993, ci si imbatte quasi subito in un articolo dell’allora Gran Segretario del Grande Oriente d’Italia Alfredo Diomede, il quale riporta: «Mercoledì 14 alle ore 17,30, Di Bernardo riceve i fratelli di Giunta presenti in sede e ad essi rivolge un discorso in cui, per ragioni personali, familiari e di lavoro, oltre che per permettere alla famiglia massonica una ricompattazione, dacché si è convinto che sia la sua persona a creare disarmonia, annuncia di ritenere giunto il momento di mettersi da parte». A questa affermazione segue: «Dà immediato inizio alle operazioni di trasferimento degli oggetti di sua proprietà e venerdì 16 alle ore 16 consegna alla Gran Segreteria la Lettera di commiato da inviare alla Comunione. Con essa annuncia di voler restituire il Supremo Maglietto». Poi una conclusione sorprendente: « … ancora nella pienezza delle prerogative e dei poteri del Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, fonda con un’ottantina di fratelli [ndr: il 17 aprile all’Hotel “Parco dei Principi” di Roma] la “Gran Loggia Regolare d’Italia”», giacché è lecito domandarsi quanto “pieni” potessero essere i “poteri” di colui il quale aveva, nella sostanza e nella forma, fatto fagotto dal “Vascello” il giorno prima.
“Motivi familiari”, quindi, come nella migliore tradizione di chi, almeno una volta nella vita, si è trovato a giustificare all’insegnante di turno la classica giornata d’aula “marinata”… Insomma, non troppo dignitoso per il Gran Maestro della più potente comunità massonica italiana…
Peccato che poco più avanti, sempre sullo stesso numero di Hiram, sia il Direttore Delfo Del Bino a dar conto di circostanze un po’ diverse, e della diffusione alla stampa della Lettera di commiato del Prof. Di Bernardo. Del Bino attesta che essa fu ripresa dal settimanale “L’Espresso” del 2 maggio 1993, nella rubrica “Errori di stampa” del compianto giornalista Andrea Barbato. Nell’articolo che segue non c’è traccia dei precedenti “motivi familiari”, mentre si menzionano – con piccato disappunto del Direttore – ben altre ragioni a giustificare il tormentato congedo, e sono ragioni ben più serie: «Di Bernardo afferma … di non poter garantire che massoni non siano coinvolti in attività illecite di qualsiasi tipo e non appartengano a movimenti politici i cui fini non siano trasparenti».
All’acume di Del Bino non sfugge, già allora, l’estrema gravità delle parole di Di Bernardo, poiché, allarmato, chiosa: «Si tratta di un’affermazione assai grave perché lascia intendere che la situazione nella nostra Istituzione, per la discutibile condotta di alcuni fratelli che ne fanno parte, è precaria, e le cause di tale precarietà non sono facilmente accertabili».
A distanza di trent’anni pare poi avere tutto un altro “sapore” l’interrogativo con il quale Del Bino chiude la faccenda: «Perché ha [ndr: riferito a Di Bernardo] insistentemente chiesto di disporre di uno strumento da usare direttamente, quello della espulsione, e non si è curato di dar vita, e ciò gli sarebbe stato possibile, a “strumenti d’indagine” che avrebbero potuto consentirgli l’accertamento, ove esistano davvero, di fatti criminosi che, se appurati, renderebbero indegni di appartenere al Grande Oriente d’Italia?», e sottolinea: «Non valgono i commenti».
E no, Direttore! Invece i commenti valgono eccome! Non potrebbe darsi, infatti, che il Gran Maestro già allora avesse avuto notizia certa di fatti tali da ingenerare una situazione non gestibile se non attraverso atti di imperio? Atti di espulsione, appunto, in grado di eradicare il marcio in modo secco e definitivo.
Poiché dubbi non potevano certo esserci in seno alla Giunta, e anche oltre di essa, su cosa Di Bernardo intendesse per «attività illecite», che non erano sicuramente da individuarsi nella ruberia di qualche cassetta di mele…
Ad esplicitare, del tutto francamente, ciò che nessuno ignorava in quella primavera di trent’anni fa è Virgilio Gaito, futuro Gran Maestro del G.O.I. dal dicembre del 1993 al marzo del 1999, e all’epoca Gran Maestro degli Architetti (uscente) della Serenissima Gran Loggia del Rito Simbolico Italiano.
Nel suo libro di memorie intitolato “Massoneria, un amore”, edito nel 2017, Gaito afferma (pag. 58): «Di Bernardo, persuaso che ormai il maggior numero di fratelli del G.O.I. avesse assunto posizioni irregolari, sia per effetto di conduzione dei lavori non conforme alla tradizione osservata oltre Manica, sia per la dilagante infiltrazione di organizzazioni malavitose, aveva ritenuto che, se la Gran Loggia lo avesse sfiduciato, avrebbe potuto, con l’aureola del martire, chiamare a raccolta intorno a sé alcune migliaia fratelli tradizionalisti a lui fedeli e con loro dare vita ad una nuova Obbedienza capace di salvare la Massoneria in Italia, con la benedizione soprattutto di Londra».
Dunque: «dilagante infiltrazione di organizzazioni malavitose». Tale è – lo riferisce chiaramente Virgilio Gaito – il convincimento del Gran Maestro Di Bernardo tra l’autunno del ‘92 e la primavera del ‘93.
Da dove Di bernardo traesse questo profondo convincimento lo rivela lui stesso, non nel corso di conversazioni private ma di fonte ai pm di ben due processi alla ‘Ndrangheta: quello denominato “Mammasantissima” e “’Ndrangheta stragista”. Ed è sempre la stessa versione, dal 2014 al 2019, fino all’autobiografia “La mia vita in Massoneria” del 2021: «Chiesi al Gran Segretario Diomede di invitare anche i vertici calabresi. Ci ritrovammo tutti intorno al tavolo delle riunioni, in un silenzio che presagiva momenti di alta tensione. Diomede propose che non si tenesse il verbale data l’estrema riservatezza della riunione. La proposta fu accolta all’unanimità. Riferii gli argomenti trattati con Cordova senza omettere nulla e conclusi affermando che il rischio di scioglimento del Grande Oriente d’Italia era altamente probabile. Di conseguenza, sarebbe stato necessario che io venissi informato di tutto, per poter tentare una difesa valida e vincente. Dai Calabresi, in particolare, volevo sapere la verità sull’infiltrazione della ‘ndrangheta nelle Logge. Forse fu a causa di uno stato emotivo che serpeggiava nei presenti o la paura di un eventuale scioglimento, che vennero a determinarsi le premesse per parlare secondo verità. Fu allora che chiesi a Ettore Loizzo [n.d.r.: ingegnere di Cosenza], mio Gran Maestro Aggiunto e massimo responsabile dell’Ordine in Calabria, di dirmi la verità sulla presenza della ‘ndrangheta nelle Logge. Ettore si concesse una pausa e poi dichiarò: “la ‘ndrangheta non solo infiltra ma controlla 28 delle 32 Logge”. Fu come un fulmine a ciel sereno. Superato il primo momento di smarrimento, gli chiesi perché non lo avesse evitato e che cosa intendesse fare adesso. La sua risposta fu semplice e lapidaria: “nulla, perché metterei a rischio la mia vita e quella dei miei familiari”. Non c’era nient’altro da aggiungere. Tutto era evidente e chiaro».
Si è molto discusso su questa ricostruzione, resa per la prima volta da Di Bernardo nel 2014 (e subito secretata), a tre anni di distanza dalla morte del Gran Maestro aggiunto calabrese, avvenuta nel dicembre 2011.
Quali rapporti potessero intercorrere nel ’93 tra Loizzo e il Gran Maestro Di Bernardo non è facile da indovinare, ma qualcosa possiamo provare ad immaginarla, sempre sulla base dei riscontri documentali.
Loizzo afferma, nel libro-intervista “Confessioni di un Gran Maestro” di Francesco Kostner (edito nel luglio del 2021, con Prefazione di Stefano Bisi), di come – contrariamente a quanto riferito da Di Bernardo – l’associazione massonica del G.O.I. in Calabria fosse immune da qualsiasi ingerenza e/o interferenza di tipo malavitoso. E nello specifico: «Di Bernardo è stato ed è un grande mascalzone … Magari fossi querelato. Saprei io che dire ai Giudici. Cosa raccontare di questo signore … Su Di Bernardo peserà non solo la nostra condanna, ma quella della Storia … La Gran Loggia Regolare d’Italia di regolare non aveva e non ha un bel niente!» E poi ancora, incalzato dall’intervistatore sulle dichiarazioni del Professore: «Solo bugie! I massoni cosentini sono i migliori. Per tradizione e per quello che hanno saputo esprimere. In genere, però, va detto che la Massoneria meridionale e calabrese è la migliore a livello italiano … Sì, la Massoneria del Sud è la migliore!»
Il quadro ci sembra piuttosto chiaro: per essere un “uomo del dubbio” Ettore Loizzo ubbidiva, invece, a parecchie certezze. Molte delle quali tuttavia in contrasto con le risultanze delle varie Commissioni parlamentari Antimafia. Citiamo a caso dalle Conclusioni della Commissione bicamerale presieduta dall’On. Rosy Bindi (pagg. 16 e 17): «Gli esiti investigativi consegnano un panorama complessivo di rapporti e collaborazioni con ambienti e soggetti massonici cui non si sottrae alcuna organizzazione presente sul nostro territorio. Esponenti di cosa nostra, ‘ndrangheta, camorra e sacra corona unita, o soggetti comunque riconducibili a tali sodalizi, hanno partecipato a riunioni e incontri con individui appartenenti alle più diverse obbedienze massoniche per pianificare di comune accordo interventi nei più diversificati contesti ed, elettivamente, nel settore degli appalti e nella spartizione delle risorse pubbliche. Una “camera di compensazione” degli affari, tipica di quel terzo livello, descritto nella sentenza dell’omicidio Rostagno, in cui si incontrano burocrati, imprenditori, uomini politici e mafiosi, per consentire rapide carriere, assicurare voti, aggiudicarsi appalti e, in genere, per lucrare».
Sulla credibilità di Ettore Loizzo – in tema di ripensamenti – pesa, inoltre, un passaggio di Gian Piero Pagella (nel ’93 al “Vascello” in qualità di componente della Commissione voluta per trasformare l’annuale Rendiconto finanziario e di cassa del G.O.I. in un vero e proprio Bilancio di competenza) contenuto nel suo libro “Un massone racconta”, edito da Bastogi nel dicembre 2006. In tale passaggio (pagg. 156 e 157) si fa riferimento ad una riunione di Giunta tenutasi il 26 settembre 1992 in assenza del Gran Maestro, e di come questa circostanza avesse provocato turbamento tra i fratelli della Comunione. Ebbene, a palesare tali turbamenti, stavolta nel corso di una riunione alla quale Di Bernardo è presente, è proprio Loizzo, preoccupato che nessuno potesse pensare che si volesse tramare contro chi deteneva il Supremo Maglietto. Questa la sua conclusione: «Pertanto ritengo opportuno riunire la Giunta per due giorni consecutivi al mese sempre e solo alla presenza del Gran Maestro»… E subito Pagella ricorda: «Pietro Mascagni [ndr: che ricopriva la carica di Gran Tesoriere] mi guardò mormorando: “Scommetti che Ettore e Giuliano hanno nei giorni passati dissertato a lungo sull’argomento?” “Comunque possiamo registrare un gran bel voltafaccia!” – risposi anch’io a bassa voce».
A cosa si riferisse Pagella non può sapersi, ma le conclusioni sono lasciate alla sensibilità dei lettori.